All’inizio di gennaio, il repubblicano Carlo Basile ha presentato un disegno di legge in Massachusetts che dovrebbe regolamentare l’uso dei dati degli studenti da parte dei fornitori di servizi cloud computing. Ora si scopre che dietro questa proposta c’è Microsoft e che l’obiettivo dell’azienda è ostacolare la diffusione delle Google Apps for Education. Secondo la software house di Redmond, «la privacy degli studenti non dovrebbe essere in vendita». Con le Apps for Education Google offre gratuitamente alle scuole tutti gli strumenti di produttività, collaborazione e condivisione (Gmail, Drive, Calendar, Sites, Vault, ecc.) necessari per svolgere una moderna attività didattica. Il disegno di legge proibisce alle aziende di utilizzare i dati degli studenti a scopo commerciale. Nonostante Google sostenga che il servizio non contiene banner pubblicitari, Microsoft ritiene che le informazioni vengano raccolte per altri usi. Ancora una volta, l’azienda vuole evidenziare le pratiche scorrette della concorrente, in particolare il mancato rispetto della privacy. Dopo la nota campagna Scroogled, ora la questione assume un significato politico. I legislatori del Massachusetts potrebbero teoricamente bloccare le Apps for Education, in quanto Google non chiarisce come vengono gestiti i dati degli studenti. Nella versione consumer del prodotto, Google “legge” il contenuto delle email per mostrare banner personalizzati. Nella versione per studenti, invece, i dati vengono utilizzati per migliorare il filtro anti-spam e per la funzionalità “posta prioritaria”. Google for Education è utilizzato da oltre 20 milioni di studenti. Microsoft offre invece Office 365 Education (circa 22 milioni di utenti), ma in questo caso il servizio non è totalmente gratuito. Web email, calendari e le Office Web Apps sono free, mentre le scuole devono sottoscrivere un abbonamento per usare le classiche applicazioni Office, come Word, Excel e PowerPoint. Nel lungo post pubblicato sul sito ufficiale, Microsoft non menziona mai il “nemico numero uno”, ma è chiaro il riferimento a Google.
Luana Lo Masto