Due acquisizioni distinte ma con un obiettivo in comune, difendere e rafforzare i rispettivi business a discapito della concorrenza. Redmond e la creatura di Zuckerberg vogliono rendere “uniche” per gli utenti le esperienze di navigazione online, da un lato, e le opzioni di condivisione e di editing di foto via smartphone, dall’altro. Due mercati dove la caccia all’affare punta tutto sul gioco d’anticipo.
Per riuscire nel primo intento Microsoft avrebbe appena rilevato dal provider internet statunitense, America On Line (AOL), ben 800 brevetti più altre 300 licenze d’uso non esclusive riguardanti tecnologie eterogenee come i servizi di posta elettronica, di istant messaging, di videoconferenza, potenziali royalties relative alla pubblicità e più importanti di tutte, al web ranking (il posizionamento sui motori di ricerca) nonché al browsering web. Un bottino di patents di cui farebbe parte anche il “relitto” di Netscape, l’avversario (antenato di Firefox) che cercava di contendere ad Internet Explorer il monopolio della navigazione online negli anni ’90.
Il tutto al prezzo sensazionale di 1,56milardi di dollari per tecnologie in parte datate e valutate dagli analisti non più di poche centinaia di milioni di dollari ma la cui acquisizione sarebbe bastata a far impennare il titolo di Aol del 43%.
Una manovra che rifletterebbe in toto il complicato puzzle delle “affinità elettive” instaurate da casa Redmond. L’azienda al momento vanterebbe una partecipazione in minoranza (1,6% delle quote azionarie) in Facebook oltre ad aver formalizzato a metà marzo, con Yahoo e lo stesso Aol, un triumvirato per la raccolta della pubblicità su internet, mediante la condivisione degli spazi premium da offrire agli inserzionisti e destinati ad accogliere i banner distribuiti ai vari siti web. Un accordo raggiunto proprio mentre lo stesso motore di ricerca di SannyVale coinvolgeva in una disputa brevettuale (anche per tecnologie relative alla gestione degli annunci pubblicitari) il social network in blu che per difendersi, avrebbe già provveduto ad incamerare 750 licenze IBM.
Microsoft, che ha fatto delle royalties una parte integrante del proprio business, ha così pensato di coprirsi bene le spalle nell’immediato futuro, togliendo dal mercato un potenziale asset finanziario, quello dei brevetti di Aol, fondamentali non tanto per il loro valore tecnologico ma perché da lei stessa impugnati in passato molte più volte di quanto non abbiano già fatto concorrenti dell’ hi-tech come Ibm, At&t, Yahoo! ma soprattutto Google (Fonte MDB Capital Group).
Si tratta di un’operazione di acquisto ingegnosa che potrebbe rendere la Corporation ancora più pericolosa nell’obiettivo dichiarato di far capitolare avversari scomodi come Motorola e Barnes&Nobles, non ancora piegatisi alle sue richieste di licensing, ovvero l’imposizione di una tassa sul sistema operativo di Google, oscillante dai 3 ai 15 dollari per ogni device venduto e già “estorta” ai produttori di dispositivi mobili Android (Samsung, HTC, LG, Compal Electronics etc), dietro la firma di altrettanti accordi di non divulgazione che potrebbero far incassare a Redmond, entro quest’anno, una cifra stimata di 910milioni di dollari.
Se da un lato l’importanza dei brevetti, quale preziosa fonte di profitto, ha indotto una Corporation come Microsoft ad incamerare patent poco innovativi ma di alto valore strategico, per Facebook il successo dell’imminente quotazione in Borsa potrebbe dipendere anche da una semplice app. Stiamo parlando di Istagram, la più popolare applicazione di editing e condivisione di fotografie tramite device mobili, acquistata durante il lunedì di Pasquetta da Mark Zuckerberg per 1,1 miliardi di dollari (tra cash e scambio di pacchetti azionari). Circa il doppio del valore riconosciuto fino alla scorsa settimana alla start up fondata tre anni fa e che in meno di due anni è riuscita a fidelizzare 30milioni di utenti di iPhone e da ultimo di smartphone Android, mediante Google Play. Un giro d’affari enorme per un progetto che nei suoi soli 551 giorni di vita avrebbe gestito più di un miliardo di foto (5 milioni caricate ogni giorno, con circa 575 “Mi piace” cliccati al secondo e una media di 81 nuovi commenti postati nello stessa unità di tempo) realizzando per gli analisti un valore di 1.260 dollari al minuto. Cifre che avrebbero indotto ad attribuire a ciascun utente dell’app un prezzo pari a 33 dollari nell’ambito dell’accordo di compravendita.
Anche in questo caso l’operazione attuata da Facebook sembra avere tutta l’aria di una manovra difensiva, considerato che l’applicazione in questione – qualora fosse finita nelle mani della concorrenza – avrebbe potuto sottrarre al social network una buona fetta del mercato ultra gettonato del photo sharing ed editing. Settore in cui la creatura di Zuckerberg vanterebbe sì una una media considerevole di 250milioni di foto postate ogni giorno, ma risultando pur sempre carente nell’offerta di opzioni creative di personalizzazione delle immagini, senza contare il contestato sistema dei tag. Un meccanismo, quello relativo al riconoscimento facciale sfruttato dal social network attraverso le etichette associate dai
suoi iscritti alle singole foto scambiate, che proprio nelle ultime ore si è guadagnato un richiamo dall’Ue attraverso il gruppo di lavoro per la Privacy, Articolo 29 Working Party.
Secondo l’Osservatorio Europeo d’ora in poi sarà necessario per Facebook ottenere un consenso informato da parte degli utenti prima di mettere a disposizione servizi di caricamento delle foto sul server. Una penalizzazione di fatto impartita alla fluidità del mezzo ma che l’acquisizione di Istagram potrebbe in parte risolvere coniugando in un’unica soluzione la popolarità di entrambi i servizi (condivisione ed editing di foto), e andando a valorizzare il fronte delle applicazioni mobili, conteso da Facebook fino ad ora con la Apple e con Google.
Manuela Avino
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