Mediazione , comunità, responsabilità etica del giornalista per una corretta informazione del futuro
A che serve una buona informazione , perché dobbiamo volere una buona informazione: questi i temi discussi mercoledì durante l’incontro” Indifferentemente? L’informazione e Napoli?” nello spazio La terza al teatro Bellini. Ospiti del dibattito Enzo d’Errico (Corriere del Mezzogiorno), l’imprenditore Michele Pontecorvo , Ottavio Ragone di Repubblica e il filosofo Biagio De Giovanni . “Oggi la stampa occidentale soffre di una crisi fortissima, i soggetti penalizzati sono i giovani che preferiscono informarsi sul web e social network. “Discutere l’informazione in pubblico è quello che ci consente di esercitare i diritti di cittadinanza. Per combattere la cattiva informazione, ha dichiarato il giornalista di Repubblica Ottavio Dagone – è necessario un ritorno a luoghi di discussione dove si producono idee che cambiano i nostri comportamenti, i giornalisti non devono perdere la fiducia critica che permette di lavorare bene, abbiamo uno squilibrio semantico assurdo. Le idee sono fondamentali nel bene e nel male – ha sottolineato il giornalista di Repubblica – il problema oggi è la classe dirigente, se tu hai un po più di cultura hai il dovere , hai una forte responsabilità. Mi ricordo che un giorno mi fecero vedere una tabella di “fiducia” in cui si chiedeva ai cittadini europei di chi si fidavano. Al primo posto i dottori, faramacisti, per ultimo posto tassisti e giornalisti al 2%, ultimo posto politici. Nello studio i giornalisti venivano accusati di guardare molto al potere. Oggi le pagine politiche oggi sono lette solo da politici , prelati, dalla classe dirigente, ma non da giovani e dai cittadini. Non è un mistero, citando la questione del cambiamento di sede del Mattino, che il cambio di direzione del giornale è avvenuto per motivi politici”. Durante il dibattito il filosofo De Giovanni ha invitato i giornalisti a non dimenticare la grande responsabilità che ricoprono gli operatori dell’informazione e la classe politica. “I temi che avete citato sono tanti , la grande importanza del dibattito culturale di idee di prospettiva , è talmente forte il cambio di scenario politico nella quale l’opposizione politica è presa di sorpresa, questo cambiamento ha colto tutti di sorpresa. Da sempre l’opinione pubblica è stata l’elemento decisivo della democrazia. E’ molto importante perché adesso abbiamo profondissime autoreferenzialità chiuse in parole ripetute , rinnovate , l’ autoreferenzialità della politica si blocca con le mediazioni che sono in crisi. L’autoreferenzialità è causa di crisi dell’opinione . Nella rete non è autoregolamentata l’autoreferenzialità della politica , la crisi è profondissima. Io non sono un esperto ma un lettore. Il giornalismo da sempre è il quarto potere, negli altri paesi è l’elemento della criticità costante. No si tratta di fare battaglia al governo e il giornalismo ha una grande responsabilità, bisogna recuperare un forte senso di responsabilità etica. L’informazione non è un libro di testo ma deve farti vivere nella società , abbiamo bisogno di mediazione . L’informazione che passa attraverso la rete rappresenta una novità ma se la confrontiamo con l’autoreferenzialità politica , in mezzo c’è la mediazione. Rete e politica non fanno sistema. L’esigenza di un recupero della responsabilità etica del giornalista è stata sottolineata anche dal giornalista Enzo Errico del Corriere del Mezzogiorno che ha espresso le sue perplessità anche sul cambio di sede del quotidiano partenopeo. ” Il cambio di sede del Mattino è un attacco all’identità del giornale che è il punto di incontro. Il licenziamento del direttore Alessandro Barbano e il cambio di sede non ha interessato molte persone perché i cittadini napoletani non valorizzano la città e dunque non valutano i suoi quotidiani”. L’imprenditore Michele Pontecorvo ha invece definito la vicenda del Mattino un normale cambiamento che non ha snaturato la qualità e i valori del giornale. “Questa idea di comunità è finita , siamo entrati in un nuovo mondo ma ovviamente dobbiamo entrarci con dubbi e perplessità. C’è un autoreferenzialità di politici e giornalisti, poi c’è l’ingresso della tecnologia che è una rivoluzione grande. Il web dal punto di vista politico e culturale è autoreferenziale. Non ci sono discussioni che formano una comunità. L’avvento del web ha fatto si che si mettesse in luce la scarsa cultura dell’editoria. Gli editori non hanno chiaro quello che sta succedendo, compiono una mission. Nessuno ha chiaro cosa stia succedendo, e questa è l’anticamera del totalitarismo. La rete fa guadagnare solo le multinazionali che assorbono tutte le pubblicità. L’altra miopia è la carta stampata , resistono solo alcuni giornali , 20 anni fa era il lettore che andava dal giornale , oggi è il giornale che va dal lettore. Non c’è lavoro per chi vuole fare il giornalista, ci sono ancora vecchi giornalisti che non permettono l’ingresso ai giovani. Oggi il lavoro di giornalista richiede una responsabilità civile, ci vogliono contratti a tempo determinato che permettono all ’editore e al caporedattore di cambiare meritocraticamente ogni quattro anni i giornalisti. Oggi i giovani scappano da facebook, che è usato dai più anziani. Ritorniamo alla mancanza di un medium, dobbiamo ricreare la comunità , un luogo dove si legga e si discuta. Il padrone di casa Giuseppe La Terza ha infine fatto notare ai presenti l’importanza di valorizzare le intellighenzie della città di Napoli, una città curiosa che “deve essere letta, interpretata , capita”.