MEDIASET È IN CRISI. EFFETTO BERLUSCONI? NON SOLO

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Il 2011 è in calo. Il primo trimestre del 2012 è già in ribasso. I telespettatori e la pubblicità scarseggiano. Mancano idee. Anche le news e i contenuti pay arrancano. Le dimissioni di Berlusconi hanno inciso in modo negativo. Intanto l’emittente del Biscione esce da Endemol. Anche il licenziamento di Emilio Fede può essere un indizio del profondo malessere. Insomma, Mediaset soffre come mai prima.
Nel 2011, come riporta L’Espresso, le 3 tre reti generaliste del Biscione hanno ottenuto, complessivamente, il 32% di share, rispetto al 35% del 2010 e al 44% del 2003 (altri tempi!). Abbiamo imparato che 9 anni nel mondo dei media sono un’era geologica. Si è passati dalla tv generalista ai contenuti su richiesta, dall’utenza passiva allo spettatore attivo. E le tv generaliste sono rimaste al palo. Meno share significa meno spettatori che a sua volta indica una raccolta pubblicitaria meno ricca. Ecco che i ricavi diminuiscono: i proventi pubblicitari sono diminuiti di 130 milioni rispetto al 2010. Sempre secondo i dati di L’Espresso si è verificata «una flessione del 4,5% sui ricavi lordi e del 5,1% su quelli netti. Si tratta di perdite superiori a quelle del mercato nazionale che è in calo del 4,2%».
Eppure Mediaset ha anche aumentato del 26% lo spazio pubblicitario disponibile sulle reti dal 2010 al 2011. Nulla di fatto. Manca la materia prima: la creatività. I format sono sempre gli stessi: ricicciati e mescolati in mille modi hanno sempre lo stesso retrogusto, quello che ormai non piace alla gente. Inoltre non c’è sufficiente coraggio per sperimentare. Si punta su star strapagate e si spera nell’ennesimo miracolo. A tutto ciò dobbiamo aggiungerci la congiuntura economica negativa. Può sembrare superfluo sottolinearlo ma gli spettatori di Mediaset sono comuni cittadini che subiscono la crisi globale. «Il loro pubblico spende così poco che non vale la pena di fare inserzioni. Qui non si comprano più neppure i materassi. Uno che vende cashemere non investe su programmi per scemi», confida un anonimo conduttore Mediaset a L’Espresso.
Anche il nuovo canale all news è in difficoltà. TgCom24, partito lo scorso 28 novembre, costa tanto, forse troppo, e rende poco. Stessa sorte per la tv a pagamento. I canali pay, dal 2005 ad oggi, sono in rosso di 270 milioni. Ne hanno persi 70 solo nel 2011. Il pareggio di bilancio, previsto proprio per l’anno appena trascorso, è stato posticipato al 2014.
Poi c’è stato l’effetto Berlusconi. Dopo le dimissioni dell’ex premier, le reti generaliste di Mediaset hanno perso il 10% della raccolta pubblicitaria. In prossimità del “passo indietro” del Cavaliere l’emittente di Cologno ha registrato il suo minimo storico in Borsa:1,84 euro ad azione. E non è stato un dato estemporaneo. Anche nei giorni scorsi si è arrivato ad un preoccupante 1,87. Le cause della relazione “dimissioni Berlusconi – calo Mediaset” potrebbero essere tante: tra tutte la fine del conflitto d’interesse, ma sono solo illazioni che non possono essere provate.
Se il 2011 è stato “orribibile”, per il 2012 le prospettive non sono rosee. Gli analisti prevedono 160-180 milioni di profitti. Sono “pochi” rispetto ai 225 del 2011 che a sua volta sono il 36% in meno del 2010. Non è un caso che la società di Cologno Monzese ha deciso di vendere, pochi giorni fa, la sua quota di Endemol (una società produttrice di format televisivi di cui Mediaset è cliente ed era, fino a qualche giorno fa, azionista). Si è trattato della vendita del 6% del debito miliardario della società olandese. Mediaset ha incassato 65 milioni (su un valore nominale delle azioni di 110) e ha rimpinguato le casse.
Di recente è avvenuto anche un licenziamento “storico”. La bandiera del Tg4, Emilio Fede, dopo 20 anni di servizio è stata liquidata. Il messaggio potrebbe essere interpretato così: urge una rifondazione radicale. L’impero di Cologno scricchiola e non c’è posto per i vecchi generali, anche se fedeli. «Le tribù pigmee del digitale, lo tsunami del web e i barbari comandati da Murdoch», come scrive efficacemente L’Espresso, premono ai confini. E quando i nemici sono tanti e agguerriti c’è poco tempo da perdere.
Egidio Negri

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