Non è proprio un pesce, ma esce comunque il primo aprile “Oculus Rift”, l’ultima gemma – e forse la più preziosa – di casa Zuckerberg, il rampante arcimiliardario (è ormai quinto nella hit mondiale) inventore di Facebook. Il SuperVisore più innovativo di sempre, “Oculus”, che con i suoi schermi, le sue lenti, i suoi monitor ci immerge in tutti i mondi possibili, ci “fornisce esperienze potenti che ci consentono di ‘diventare’ qualcun altro e camminare nelle sue scarpe”, secondo il Verbo del Profeta. Poco importa se la “bardatura” è da horror movie, una sorta di super maschera da sommozzatore, tipo quelle dei killer che ti vogliono “inquadrare” al buio, stile Matrix o Hannibal. A proposito, ti potrai immergere nei mari tropicali, tra pesci – arieccoli – d’ogni specie e colore che ti ruotano intorno, stando comodamente in poltrona a casa tua. Come potrai viaggiare dai poli all’equatore, fra deserti e praterie, reperti archeologici e grattacieli, senza spendere un euro, senza far bagagli e trovarti un albergo, senza arrampicarti e sudare le solite sette camice. E potrai innamorarti e flirtare con la più bella bel mondo, anche se sei lo scorfano più impresentabile. La realtà (virtuale) è ormai tua. Sei il padrone del tuo presente e del tuo futuro.
Gongola l’inventore del sistema Oculus, l’ennesimo enfant prodige a stelle e strisce del business virtuale (secondo alcune stime, il fatturato “virtuale” entro il 2025 ammonterà a circa 110 miliardi di dollari, superando quello tivvù), il ventitreenne Palmer Luckey, che ha venduto la sua “idea” (l’azienda era ubicata in un garage di Long Beach) per due miliardi di dollari a super Zuckerberg: “la realtà virtuale è la prima tecnologia che prova a rendere la comunicazione digitale non solo più efficiente e utile ma anche più umana e coinvolgente”. Riduce i pregiudizi e aumenta l’empatia, osservano i due all’unisono.
Non tutti, però, la pensano così. “L’empatia è proprio la vittima principale delle tecnologie digitali”, secondo Sherry Turkle, docente di sociologia all’MIT. “Negli ultimi venti anni si è registrato nei ragazzi un crollo del 40 per cento per quanto riguarda la capacità di provare empatia”, aggiunge.
“I social ci stanno rendendo schiavi – va giù duro il docente di filosofia a Berlino Byung-Chul Han – il web crea solitudine, e sta sparendo ogni traccia di interiorità”.
A suscitare non pochi dubbi c’è un precedente, quello dei Google Glass. “Ricordate meno di un anno fa tutto il can can a proposito degli occhiali che filmavano e mandavano in rete dal vivo tutto quello che ci succedeva intorno? Un testimonial fu Fiorello e sembrava una rivoluzione, tutti registi dal vero in tempo reale – osserva un economista – invece la cosa è poi abortita. Dopo nemmeno sei mesi Google ha smesso di produrli, sembra per via dell’imbardatura che risultava poco sopportabile e tale da falsare i comportamenti di chi entrava nel campo visivo. I google glass erano niente, comunque, rispetto a Oculus Rift, però quella maschera la usi nel chiuso della tua stanza, per immergerti in quel mondo virtuale”. Può mai fallire, del resto, un progetto firmato Mago Zuckerberg? Il quale, non soddisfatto del solo profilo dell’entertainment, va ben oltre, con suo infallibile e miracoloso Oculus. “Non servirà solo per i giochi – sottolinea – ma diventerà la più avanzata piattaforma di comunicazione”.
Ed eccoci al secondo “coniglio” estratto dal cilindro in questi giorni. Per il 12 aprile, infatti, è previsto il lancio su Facebook di “Instant Articles”, in occasione dell’annuale convention con promoter e sviluppatori: il sistema, da quello storico giorno, sarà disponibile per editori e blogger che intendano avvalersene.
Per chiarire lo spirito dell’iniziativa partiamo con alcuni dati da brivido circa la “potenza di fuoco” messa in campo da Facebook. Già nel 2015 la creatura di Mark, al suo decimo compleanno, aveva superato, per capitalizzazione, il colosso mondiale della grande distribuzione, Wallmart, 245 miliardi di dollari contro 235 (e Wallmart è nato nel 1962). Facebook viaggia verso il traguardo dei 900 milioni di clienti-consumatori. E di più: secondo uno studio dell’accreditato “Pew Research Center” ormai il 40 per cento degli statunitensi legge notizie di politica su Facebook, un terzo degli adulti lo considera come la principale via d’accesso per tutte le notizie, percentuale che schizza addirittura all’88 per cento (fonte ‘Media Insight Project’) se riferita ai giovani (le cifre “europee” sono certo inferiori, ma comunque ragguardevoli). E presentando i mirabolanti dati economico-finanziari, a metà 2015 Mark Zuckerberg esultava: “con 1 miliardo e 400 milioni di utilizzatori in tutto il mondo, il social network di Facebook è la cosa più vicina a una piattaforma universale di comunicazione”.
Torniamo ad “Instant Articles”. Il cui obiettivo – illustra Chiara Sottocorona per il CorrierEconomia – è di rendere dieci volte più veloce la lettura degli articoli sugli schermi degli smartphone . E le notizie suggerite non verranno solo dagli amici, ma saranno indirizzate anche dall’algoritmo. Facebook propone agli editori di usare un sistema di gestione dei contenuti che permette di caricare le pagine direttamente sul social network. Così gli utenti che cliccano dal telefonino, anche partendo da un link, potranno aprire istantaneamente gli articoli della stessa app. Spiegano a Facebook Italia: “Abbiamo già lavorato con oltre un centinaio di editori per rendere l’esperienza di lettura molto più immediata e immersiva. Volevamo superare il problema del caricamento lento delle pagine dal web che rendeva problematico per le persone fruire delle news dagli smartphone. Con Instant Articles – viene aggiunto – gli editori avranno poi il pieno controllo sull’aspetto delle proprie storie, sui dati di lettura e la pubblicità”.
Segnala una fresca ricerca, “Newsruption”: “gli italiani usano in prevalenza web e app per informarsi. Sul web un terzo degli utenti parte da Google. Mentre su Facebook predominano traffico mobile e condivisione. Negli ultimi due anni la condivisione è cresciuta del 185 per cento. Sui social sono segnalati 1 milione di articoli al giorno, il 96 per cento su Facebook. Ciò indica che 12,2 milioni di adulti in Italia si informano abitualmente sul web, mentre 4,7 milioni prediligono le app dai dispositivi mobili. L’app di Facebook con gli Instant Articles dovrà presto competere con le AppleNews il cui arrivo in Europa è previsto in primavera”. A brevissimo, quindi: altra sorpresa.
Le sorprese, del resto, come gli esami non finiscono mai. Una – fino ad oggi poco pubblicizzata, e partorita ad inizio 2016 – riguarda proprio la pubblicità via web. A inizio febbraio, infatti, Facebook ha tenuto a battesimo “Canvas”, il nuovo algoritmo “intelligente” che determina – spiega Chiara Sottocorona – “le priorità da dare nel flusso di notizie secondo gli interessi di ogni utente, espressi da ‘like’ e commenti”. Più in particolare, Canvas è “un software che permette agli inserzionisti di creare pubblicità da inserire nel News Feed, usando un mix di video, immagini e testi che si caricano sul dispositivo mobile più rapidamente e appaiono a pieno schermo”.
E proprio parlando di algoritmi si concludeva, l’anno scorso, un intervento di Emily Bell (clicca qui per approfondire) – per anni responsabile della versione digitale del londinese Guardian – alla Columbia University (dove peraltro insegna). “E’ in gioco la libertà d’informazione – sottolineava – perché occorre capire quale capacità contrattuale avranno i giornali di fronte a colossi come Facebook. In base a quale algoritmo Facebook deciderà quali contenuti mostrare e in che modo?”.
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