Quasi ovunque, è in atto una profonda crisi globale – economia al ribasso, variazioni climatiche, conflitti– ed i media in particolare sono in tumulto. Come bene sappiamo, quasi ovunque il giornalismo si trova sotto un’enorme pressione – tecnologie convergenti, crisi dei modelli di mercato, richieste di ristrutturazione da parte di datori di lavoro globali affamati di profitti, tutto questo costituisce oggi una reale minaccia per il giornalismo etico. Ed ovunque i giornalisti e le loro rispettive organizzazioni stanno lottando, spesso in condizioni difficoltose o pericolose, per erigersi a difensori delle virtù di un giornalismo basato su responsabilità sociali e valori.
Ma è proprio qui in Italia che questa battaglia si è fatta più incisiva.
Qui la problematica centrale in gioco non è soltanto la colorita vita personale di un primo ministro. Non sarebbe un esagerazione dire che la problematica centrale qui è il futuro della democrazia stessa.
In quale posto del mondo civilizzato sarebbe possibile trovare un primo ministro che possiede quasi l’intera torta dell’universo televisivo con l’emittente pubblica RAI sotto il suo controllo insieme alla maggior parte delle altre emittenti televisive?
In un certo modo, George Orwell ha già detto tutto questo (e cito): “E se tutti gli altri hanno accettato la menzogna che il Partito ha imposto – se tutte le prove conducono ad una stessa verità – allora la menzogna passa alla storia e diventa verità. ‘Chi controlla il passato’, recita lo slogan del Partito, ‘controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato’.
La cosa più significativa che questa storia ha messo in evidenza è che il monopolio della televisione non soltanto è in grado di garantire un favorevole primo piano del primo ministro, ma può addirittura cancellare la realtà, fare in modo che le cose non diventino parte della coscienza del pubblico.
Esiste anche una crescente preoccupazione, in tutto il mondo, sul modo con cui il primo ministro ha risposto in maniera sprezzante alle rivendicazioni fatte da varie donne. Ciò rivela una carenza di trasparenza nel sistema politico italiano ed inoltre costituisce una minaccia alla libertà dei media che risulterebbe inaccettabile in qualsiasi altra democrazia occidentale.
Il vero problema rimane il suo tentativo di Berlusconi di imposizione sui mezzi televisivi utilizzando i ricorsi legali e l’intimidazione finanziaria. Lo ha fatto nel 2001 quando ha citato in giudizio l’Economist per aver affermato che egli era inadatto per la condotta politica. In quell’occasione non ha vinto. Lo sta rifacendo di nuovo oggi citando in giudizio La Repubblica, Le Nouvel Observateur e forse molti ancora.
Affermiamo che questo attacco è inaccettabile e dovrebbe essere respinto. Rimango qui, fianco a fianco con i nostri colleghi dell’FNSI e tutti i giornalisti italiani per assicurarmi che questo attacco alla libertà di stampa non abbia successo.
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