MACALUSO: “SOLO UN MIRACOLO PUÒ SALVARE IL RIFORMISTA”

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“Se non mi dimetto è solo per non mettere in difficoltà II Riformista, semmai qualcuno dovesse farsi avanti”. Le parole di Emanuele Macaluso al Corriere grondano amarezza quanto quelle dell’ultimo editoriale, dal mesto titolo “Commiato ai lettori”.
Ha guidato la Cgil, animato con Napolitano la corrente migliorista del Pci, militato in Parlamento per quasi sei lustri e fra tre giorni compirà 88 anni, ma non ha perso la grinta di un tempo. La redazione lo accusa e lui reagisce, medita querele, sfoga tutto il suo rammarico contro il pupillo di un tempo, Alessandro De Angelis, alla testa del sindacato: “In una famiglia c’è sempre una pecora nera, ma lui guida il comitato di redazione e quel che dice è una forma di sfiducia”.
L’Associazione stampa romana gli ha suggerito di “tenere un comportamento più consono alla sua storia e alle regole di un civile confronto sindacale” e Macaluso ribatte: “Perché non difendono piuttosto la mia storia e la mia dignità? De Angelis ha detto che sono come Marchionne, che i conti sono taroccati e che voglio vendere il giornale. Cose inaudite, roba da andare davanti al giudice. Mai i nemici politici, che pure ho combattuto, mi hanno mancato di rispetto in questo modo”. Tra i suoi “bravissimi giornalisti” non si sente più a casa, convinto com’è che se non sfiduciano il loro rappresentante è perché ne condividono i giudizi. Ammette che “solo un miracolo” può salvare il foglio arancione – nell’era dei tecnici e della “deriva giustizialista di un pezzo della sinistra” – però non ci sta a passare per colui che ha assestato al Riformista il colpo di grazia: “Per noi la strada è sempre stata in salita. Sui temi di liberà cari al riformismo di ispirazione europea c’è resistenza nel Paese e nel Pd, lo spazio è limitato ma bisognerebbe non abbandonarlo”.
Dunque non è vero che è lei a voler chiudere? “Stupidaggini. Non potrei farlo, la testata non l’abbiamo noi. Nel maggio 2011 II Riformista era morto e io gli ho allungato la vita”. Se sparirà dalle edicole non sarà per colpa del suo ultimo direttore, assicura, ma per “la riduzione del contributo pubblico” e per le “inadempienze contrattuali” dei vecchi proprietari: “I signori Angelucci non riuscirono a vendere il giornale e noi abbiamo fatto un tentativo, un contratto per un anno. Ma loro non hanno versato i contributi promessi e li porteremo in tribunale. Senza un intervento esterno non possiamo farcela, una cooperativa non può indebitarsi ogni giorno di più”.
Perché non chiedete aiuto al Pd? “Lei scherza… Ci vedono come il fumo negli occhi!”.

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