M5S attacco a Radio Radicale: “Ha avuto 330 milioni, che senso hanno questi contributi”

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Attacco del M5S a Radio Radicale. I grillini puntano il dito e contano in 330 i milioni assegnati all’emittente radiofonica. Un lungo post apparso sul Blog delle Stelle fa le pulci alla Radio e lancia accuse precise: “Trecentotrenta. Sono i milioni che lo Stato ha erogato in favore di Radio Radicale. A tal proposito è bene fare chiarezza. Il MoVimento 5 Stelle non ha nulla contro questa radio privata, ma esistono dei principi fondamentali ai quali non si può derogare. Negli anni si è fatto un uso distorto del finanziamento pubblico ai partiti e all’editoria, che ha inquinato la politica e l’informazione”.

Dopo aver ripercorso le fasi che hanno portato al salvataggio in commissione di Radio Radicale, il M5S risale a quasi trent’anni fa: “isogna risalire al 1990, quando con la legge 230 vengono concessi contributi alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione “di interesse generale”. Lo step successivo si ha il 21 novembre 1994, quando sotto il Governo Berlusconi, con un decreto del ministro Giuseppe Tatarella, viene firmata una convenzione che da allora eroga 10 milioni di euro ogni anno alla società Centro di produzioni S.p.a., ossia Radio Radicale, per la trasmissione delle sedute parlamentari. Come detto, in totale sono stati circa 330 milioni i milioni di contributi pubblici erogati, di cui 250 percepiti dalla radio come finanziamento diretto, a cui si aggiunge un contributo per l’editoria di 4 milioni l’anno, in quanto organo di partito. A questo punto sorgono alcune domande”.

Radio Radicale è una radio privata, legata a un partito, che ottiene finanziamenti pubblici per svolgere un’attività “di interesse generale”, senza sostanzialmente alcun tipo di valutazione. Come è possibile tutto ciò?”.

La spiegazione dei pentastellati è un’accusa a pieno titolo: “Come si sa, oggi i soci di Radio Radicale sono con il 62,5% l’Associazione politica Lista Marco Pannella, con il 25% Lillo Spa che fa capo alla famiglia Podini, con un fatturato da 2,3 miliardi, il 6,17% è in mano alla commercialista Cecilia Maria Angioletti, e infine il 6,15% appartiene a Centro di Produzione Spa, società editrice di Radio Radicale.Ebbene, quando nel marzo 2000 l’imprenditore Marco Podini entra nell’azionariato della società, lo fa acquistando il 25% di Radio Radicale per 25 miliardi di lire. In altre parole, Podini attribuisce alla società un valore totale di 100 miliardi di lire. Come è possibile che un’azienda che non genera ricavi sia valutata così tanto? La risposta è semplice e risiede appunto nel valore sproporzionato della convenzione stipulata, che negli anni ha garantito a Radio Radicale più di 300 milioni”.

E quindi l’attacco: “E che fine fanno questi 25 miliardi di lire? Essendo un valore frutto dei contributi pubblici erogati dallo Stato in favore della radio, logica vorrebbe che finissero nelle casse della radio. Neanche per sogno. I soldi finiscono nelle tasche degli azionisti, cioè del partito. Un’operazione di finanza speculativa in piena regola”. E dopo aver fatto i conti in tasca ai dipendenti, “Nelle società radiofoniche italiane il costo del personale sul totale dei ricavi è pari in media al 5,6%. Una differenza abissale”, l’ultima accusa: “Radio Radicale, con i suoi 12 milioni di contributi pubblici e i suoi 209.000 ascolti di media (dato del 2014), risulta ricevere un finanziamento di 57,4 euro circa per ogni ascolto. Secondo la stessa proporzione la Rai si colloca a 14,6 euro circa ad ascolto. Ma cosa succede nel mondo delle radio private? Prendendo come riferimento una radio che vive esclusivamente di introiti pubblicitari come Radio Kiss Kiss, che nel 2016 aveva ricavi pari a 7,4 milioni di euro, si ottiene un risultato ancora diversoA fronte dei 2,917 milioni di ascolti, secondo la solita proporzione si ottiene una cifra pari a 2,5 euro di ricavi per ascolto. A chiunque dovrebbe sorgere una domanda circa la sensatezza dei contributi pubblici erogati ad una radio privata di partito che opera nelle condizioni appena descritte”.

Poi la chiosa al veleno: “Né si comprende per quale motivo il servizio pubblico della Rai debba essere affiancato da quello di Radio Radicale. A riguardo della diffusione delle sedute parlamentari, si ricorda l’esistenza di un canale della Rai come GR Parlamento. La risposta a queste e ad altre domande probabilmente risiede nei lauti stipendi elargiti a Radio Radicale. Con buona pace dei soldi dei contribuenti e di tutte le altre radio private che ogni giorno si spaccano la schiena per andare avanti”.

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