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L’UNIONE EUROPEA PUNTA SULL’INTERNET DELLE COSE

Il cosiddetto Internet delle cose (Internet of Things) è in rapido sviluppo. La Commissione Europea ha avviato una consultazione pubblica per discutere delle potenzialità economiche e sociali dello IoT. Il termine Internet of Things è stato coniato per definire l’estensione del web al mondo degli oggetti concreti. Automobili, capi di abbigliamento, elettrodomestici possono essere collegati a Internet grazie ad una tecnologia Rfid (Radio Frequency Identification). La tecnica si basa sulla memorizzazione automatica di dati da parte di un chip intelligente (il transponder, o tag) installato nell’oggetto e sulla successiva trasmissione degli stessi ad un apposito apparato denominato lettore. Così, per esempio, l’automobile potrà controllare da sé le proprie disfunzionalità e, eventualmente, comunicarle al conducente tramite uno smartphone. L’idea degli oggetti intelligenti fa rabbrividire, ma in realtà sono già abbastanza diffusi: in media una persona possiede due cose collegate a Internet, ma per il 2020 è previsto che ogni individuo possiederà 15 manufatti connessi alla rete.

La tecnologia Rfid può essere applicata soprattutto per risolvere problemi logistici , ma anche per tutelare l’ambiente o fornire assistenza remota. Ecco qualche esempio pratico. In un ambito industriale, l’identificazione degli oggetti con il transponder rende inutili sia l’apertura dell’imballaggio per la verifica del contenuto che il conteggio fisico dei prodotti per l’inventario. Va detto però che questo sistema è rischioso per il business, dato che la violazione della segretezza di produzione comporta la possibilità di una “fuga di notizie” sui prodotti che, di conseguenza, svantaggia l’azienda utilizzatrice. Per quanto riguarda i trasporti, invece, l’applicazione dei tag ai mezzi (l’innovazione più comune è il Telepass) desta qualche perplessità. Con la Rfid si registra un enorme miglioramento nella qualità dei sistemi di identificazione dei mezzi, ma allo stesso tempo l’utente alla guida viene catalogato, perdendo così la privacy garantita dai sistemi a pagamento. In tema di tutela ambientale, i tag, grazie alle loro minuscole dimensioni, possono essere utilizzati per rilevare le condizioni climatiche di ambienti che non potrebbero essere raggiunti dai tradizionali apparecchi. Inoltre l’utilizzo di tali soluzioni permette di monitorare lo stato di conservazione di una sostanza senza dover aprire l’involucro che la contiene. Ci sono poi i dispositivi applicati alle pratiche lavorative, che consentono l’automatizzazione della loro ricerca negli archivi cartacei.

Il problema principale, come si è visto nel settore dei trasporti, è la privacy dell’ individuo, alla stregua del fatto che i dati elaborati dai transponder riguardano la personalità dell’utente. Innanzitutto l’individuo può essere inconsapevole della presenza di un tag Rfid nell’oggetto acquistato. Tale problema sembra essere risolto, dato che la dottrina europea sembra orientata a garantire alle persone il diritto di distruggere in qualunque momento le etichette Rfid. Per ciò che riguarda il nucleo di informazioni contenute in un tag, va fatta una distinzione tra i dispositivi che contengono dati inutili per l’identificazione dell’utente (i codici a barre) e quelli che, come il passaporto elettronico , autorizzano l’accesso a elementi sensibili. Infine si teme che il transponder possa creare un legame grazie al quale è possibile collegare il prodotto acquistato alla persona . Affinché questo accada, però, è necessario consultare il database nel quale vengono associati i tag e le persone. E spesso, questo anello di congiunzione tra dispositivo e individuo nemmeno esiste.

Sulle problematiche relative alla privacy si è concentrata anche l’Unione Europea nel piano d’azione stilato tre anni fa. La Commissione Europea si prefiggeva di controllare attentamente l’applicazione delle norme sulle protezione dei dati nell’ambito dell’Iot, nonché di avviare un dibattito sul diritto al silenzio dei chip. Inoltre intendeva agire in termini di sensibilizzazione istituzionale, fornendo costantemente rapporti agli altri istituti comunitari. Il piano potrebbe tornare in auge, dal momento che l’UE si sta concentrando per favorire l’evoluzione dell’Internet of Things. Grande innovazione o fonte di caos? Nel futuro prossimo vedremo quale sarà il destino degli oggetti intelligenti.

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