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Luca Lotti nuovo Sottosegretario con delega all’editoria

Luca Lotti, il 31 enne di Montelupo Fiorentino, è il nuovo Sottosegretario con delega all’editoria. Ma chi è questo ragazzo catapultato all’improvviso nelle stanze della ditta, a fare da elastico e ambasciatore con i big del partito romano, ma che i compagni di classe chiamano ancora con i vecchi soprannomi, “il lampadina” e “lo sparaluce”, per quella chioma di riccioli biondi? Uno silenzioso, riservato, che si scuce poco, anzi niente, sui fatti del capo, anche con i giornalisti che lo punzecchiano dopo una partita di calcetto. Difensore centrale, bulldozer e organizzatore di gioco sul campo, manovratore politico e referente unico del renzismo per senatori e deputati di corrente e non a Roma. È a lui, per dire, che si rivolgono i parlamentari renziani per «avere la linea», è a lui che i bersaniani pentiti sono andati ad elemosinare pietà e un posticino negli happy days del futuro Pd, è a lui che si è chiesto «Ma a Matteo va bene Letta come premier?». Del resto Luca e Matteo parlano la stessa lingua, pochi fronzoli, giubbottini di pelle alla Fonzie, stile veloce e pop. E pensare che si sono conosciuti per caso, nel 2005. Renzi, all’epoca presidente della Provincia, passa un pomeriggio alla fiera della ceramica a Montelupo, ma prima fa un salto in comune. Lì incontra il sindaco e il sindaco gli presenta anche Lotti, giovane consigliere, anche lui della Margherita, anche lui cresciuto negli scout e nell’Azione Cattolica. Allena una squadra di calcio di bambini e – dice – è stato eletto anche con i voti della destra. Figurarsi, è colpo di fulmine. Renzi si fa dare uno strappo, salta a bordo della Golf del biondo, lui attacca Champagne di Peppino Di Capri e, giusto per brindare all’incontro, si fanno due risate e poi iniziano a scambiarsi idee. Sport, ma anche politica. Due giorni dopo Renzi lo richiama: «Oh Luca, perché non vieni a lavorare con me in Provincia». Lui prova a temporeggiare e il presidente, che ha già il passo e i tempi di uno che non segue cliché e vecchi rituali, dice: «Tranquillo, hai tutto il tempo che vuoi. Fammi sapere dopodomani». Così, Lotti, una laurea in Scienze di governo e gestione risorse umane, lascia da parte l’offerta che gli hanno fatto da una banca: «A quei tempi – ha raccontato – di politica non capivo nulla, ma proprio nulla. A Matteo però andava bene così, cercava qualcuno che fosse estraneo a questo mondo». Nel giro di pochi mesi diventa capo del suo staff. «Sono quegli gli anni in cui si cementa il loro rapporto e piano piano quel rapporto si trasforma in fraterna complicità. ‘Fratello’, lo chiama del resto Renzi, che lo porta con sé a Palazzo Vecchio. Dove, in veste di capo di gabinetto, gli affida i compiti più delicati e personali», scrivono nel loro libro inchiesta Il seduttore Simona Poli e Massimo Vanni, giornalisti di Repubblica.

Foto grande :ANSA

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