La Fnsi ha iniziato ieri il suo congresso a Riccione. Il segretario Raffaele Lorusso detta, subito, la linea dei lavori. Della riunione dei delegati della federazione nazionale della Stampa italiana. Da qui fino ai prossimi anni. Perché il giornalismo deve affrontare molti problemi, tante insidie. E per farlo occorre mettere sul piatto tutti i temi con i quali i professionisti devono fare i conti tutti i giorni.
Lorusso, all’assemblea Fnsi, ha spiegato che il grande rischio sarebbe quello di lasciare intere città senza informazione. E se non ci sono i giornali, se non c’è chi “media” tra i fatti e i cittadini, c’è campo libero solo ed esclusivamente alla propaganda. Con tanti saluti alla democrazia, al pluralismo. “Servono risorse per far sopravvivere il giornalismo, soprattutto locale anche dopo il passaggio al digitale. Perché lo spettro di intere città senza fonti attendibili di informazione deve far paura a chi ha a cuore la democrazia”. Lorusso ha tuonato: “Se sparisce l’informazione libera, resteranno soltanto propaganda e e disinformazione, sarà un danno sul piano occupazionale, ma verrà meno anche l’anima della democrazia”.
Un altro dei grandi temi è quello della digitalizzazione, appunto. Sul quale, il segretario della Fnsi aprendo i lavori del congresso, ha detto: “L’innovazione è imprescindibile, ma è bene prestare la giusta attenzione per evitare di spacciare per modernità ciò che può prestare il fianco allo smantellamento di diritti tutele e garanzie individuali e collettive”. Insomma, senza i diritti c’è il rischio di scivolare verso un sistema inquietante. “Un esempio? Non certamente l’unico, può essere il cosiddetto smart working. Il modello che durante il periodo della pandemia ha permesso di mantenere non soltanto inalterato, ma anche di far crescere la quantità di informazione non ha niente a che vedere con lo smart working. Si è trattato in massima parte di lavoro da remoto svolto dal proprio domicilio”.
Su questo argomento, Lorusso ha aggiunto: “Il lavoro giornalistico è smart ante litteram, perché la necessità di essere testimoni degli eventi costituisce l’essenza stessa della professione. Bisogna pensarci bene prima di assecondare il disegno di chi pensa di utilizzare questa modalità di prestazione per svuotare le redazioni, lasciando che ciascun giornalista se ne resti a casa collegato da remoto. Un conto è alternare la presenza in redazione con il lavoro agile, come lo chiama la legge, in chiave di miglioramento della qualità del prodotto. Un altro è pensare di starsene a casa davanti al computer”.