Se questo è un contratto, verrebbe da dire. Con un articolo che dice: “Nel caso di sua malattia, infortunio, gravidanza, o altre cause di forza maggiore, Ella dovrà darcene tempestiva comunicazione…”. E poi: “Ove i fatti richiamati impedissero, a nostro parere, il regolare e continuativo adempimento delle obbligazioni convenute nella presente, quest’ultima potrà essere risoluta di diritto”. Tradotto: se rimane incinta, possiamo licenziarla senza ulteriori motivi. Succede in Rai,a molte giornaliste che lavorano ai programmi di rete. Non nei tg, quindi, ma in quel mondo dell'”infotainment” che comprende trasmissioni come Agorà, Mi manda Raitre, L’ultima parola, II fatto quotidiano. Sono contratti a partita Iva: un modo per mascherare il lavoro subordinato, concedere meno diritti, pagare meno contributi. Proliferano da anni. L’associazione di precari “Errori di stampa” lo ha denunciato in una lettera aperta al direttore generale della Rai Lorenza Lei. Una donna, sperano per questo più sensibile. “Nell’azienda che dirige – si legge – non solo i giornalisti sono consulenti pagati a cottimo, ma hanno anche l’umiliazione di sapere che scegliere un figlio potrebbe implicare la rinuncia coatta al lavoro”.
Il punto è questo: chi è “davvero” una partita Iva guadagna – e fattura – solo se è in condizione di farlo. Quella clausola svela il trucco, la natura subordinata del rapporto di lavoro. Ma forse, serve anche da deterrente. Il che rende la faccenda ancora più grave.
L’associazione Articolo 21 chiede alla Rai di chiarire se consideri la gravidanza una malattia. Vittoria Franco, senatrice pd, promette che se ne occuperà la commissione di Vigilanza. Flavia Ferina, fli, sostiene che nella tv pubblica “qualcuno è uscito di testa”. Il consigliere in quota Lega Giovanna Bianchi Clerici promette che chiederà chiarimenti nel cda di giovedì. “Se c’è, è una norma contro l’etica e fuorilegge”. Il segretario Cgil Susanna Camusso taglia corto: “E’ un contratto assolutamente illegittimo”. Mentre Nichi Vendola denuncia come in Italia “si parli spesso a vanvera, e solo strumentalmente, di difesa della famiglia e della dignità della donna”.
La risposta della Rai, a fine giornata, è un capolavoro di ellissi: “Non esiste alcuna clausola che possa consentire la risoluzione anticipata dei rapporti lavorativi del personale con contratto di natura subordinata”. E infatti, non si parla di quelli. “Quanto ai contratti di lavoro autonomo, la Rai non si è mai sognata di interromperli a causa di maternità, a meno che questo non sia stato richiesto dalle lavoratrici”. Probabilmente è così. La Rai non si è mai sognata. Può farlo, però. Equei contratti sono stati firmati da decine di giovani donne che sanno che può farlo. Asera, Lorenza Lei fa sapere di aver dato mandato agli uffici competenti “di valutare interventi sulla clausola”.
“Fatti come questi – dice ancora Camusso – sono la palese dimostrazione di come non andrebbero mai cancellate le norme che tutelano dalle discriminazioni”. Qui però l’articolo 18 non c’entra. Anche di questo, prima o poi, bisognerà parlare a fondo.
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