Resta la condanna, ma i giudici della seconda sezione civile d’appello di Milano hanno ritoccato al ribasso il risarcimento che Fininvest deve versare a Cir nella causa che vede contrapposte la società del Biscione e la holding della famiglia De Benedetti per la vicenda del lodo Mondadori. La cifra record di 750 milioni fissata il 3 ottobre del 2009 dal giudice di primo grado Raimondo Mesiano si abbassa oggi di un quarto: 540 milioni, più le spese legali e gli interessi. Un giudizio immediatamente esecutivo, come lo sono tutte le sentenze civili. Su quanto accadrà in concreto occorrerà attendere i prossimi giorni e potrebbe essere una corsa contro il tempo. Dovranno passarne alcuni perchè Cir abbia la copia autentica della sentenza. In teoria, una volta avuta, potrà notificarla a Fininvest e chiedere il risarcimento. E’ da quel momento, secondo quanto si apprende, che per la società del Biscione, partirebbero i 60 giorni per poter presentare il ricorso in Cassazione e, in seguito per presentare eventuale istanza ai giudici di secondo grado per chiedere di sospendere l’esecuzione della sentenza ritenendo che da essa “possa derivare un grave e irreparabile danno”. A incidere sullo ‘sconto’, ha pesato soprattutto l’esito della consulenza tecnica d’ufficio affidata dalla corte ad un pool di esperti che aveva stimato al ribasso (-18% rispetto alla prima sentenza) la variazione del valore delle società contese. Non solo. A differenza di quanto stimato dal giudice di primo grado, il collegio ha sottratto al risarcimento 66 miliardi di lire, in considerazione del mancato calcolo del risparmio da parte di Cir relativo alle azioni dell’Espresso tra la prima e seconda transazione. Vengono meno inoltre i 40 milioni che Mesiano aveva valutato come danno di immagine. Il danno di immagine imprenditoriale rivendicato da Cir, secondo il collegio d’appello infatti, non c’è. Non c’è perchè, al di là della sentenza del 1991 sfavorevole a De Benedetti, quella che processi definitivi hanno considerato ‘comprata’, l’idea della spartizione aveva di fatto già scalzato quella del progetto di una grande Mondadori. Nelle 278 pagine delle motivazioni viene ripercorso anche quello che, seppur indirettamente, rappresenta il clou della vicenda: la sentenza della corte d’appello di Roma che secondo il procedimento penale arrivato in Cassazione sarebbe stata acquisita corrompendo il giudice Metta con almeno 400 milioni di lire provenienti dai conti esteri di Fininvest. L’esito di oggi è l’ultimo round di una ‘guerra’ legale lunga vent’anni. E’ negli anni Novanta che dopo una ‘promessa’ a Cir di vendere le proprie quote, l’altro azionista di riferimento della Mondadori, i Formenton, si accorda con Berlusconi, poi divenuto presidente. In seguito De Benedetti si rivolge ad un collegio di arbitri e ottiene un lodo, che gli dà il 50,3% del capitale ordinario Mondadori. Nel 1991 però una sentenza della corte d’appello di Roma lo annulla. Un’inchiesta avviata dalla procura meneghina ipotizzerà che quella sentenza sia stata ‘comprata’. Dopo alterne vicende si arriverà alla condanna per corruzione in atti giudiziari, del giudice Vittorio Metta e degli avvocati Cesare Previti, Giovanni Acampora e Attilio Pacifico. Nel 2004, come ‘conseguenza’, viene avviato il contenzioso civile arrivato oggi al secondo grado con la condanna di Fininvest al risarcimento a Cir per 560 milioni di euro. Intanto si dividono le reazioni delle parti in causa di fronte al verdetto di appello. “È una sentenza che sgomenta e lascia senza parole. – ha sottolineato Marina Berlusconi – La Fininvest, che ha sempre operato nella più assoluta correttezza, viene colpita in modo inaudito, strumentale e totalmente ingiusto. E il parzialissimo ridimensionamento della sanzione rispetto al giudizio di primo grado nulla naturalmente toglie alla incredibile gravità del verdetto. Neppure un euro è dovuto da parte nostra, siamo di fronte ad un esproprio che non trova alcun fondamento nella realtà dei fatti nè nelle regole del diritto”. La sentenza di appello di oggi sul Lodo Mondadori invece “conferma ancora una volta – afferma Cir – che nel 1991 la Mondadori fu sottratta alla Cir mediante la corruzione del giudice Vittorio Metta, organizzata per conto e nell’interesse di Fininvest”.
Maneula Montella
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