L’Ue sostiene l’informazione locale e lo fa attraverso un progetto, denominato Local Media 4 Democracy, che punta a “costruire resilienza, indipendenza e sostenibilità” nel panorama dell’editoria. Ripartendo dai territori, dall’informazione locale che rappresenta un presidio fondamentale per la tenuta della democrazia. Si costruisce, infatti, partendo dal basso. E non è possibile ritenere compiuta una democrazia in cui tacciano le voci più vicine alle comunità.
I fondi messi a disposizione non sono tantissimi. Si parla di poco più di due milioni di euro che, sebbene siano tanti a prima vista, rischiano di rivelarsi pochi per incentivare e sostenere la rete locale dell’informazione in tutta Europa. Il progetto è stato affidato alla Federazione europea dei Giornalisti che si avvarrà del sostegno di un consorzio di soci e partner. Tra di loro ci sono Journalismfund.eu, l’International Media Support (Ims) e il centro per la libertà e il pluralismo dei media (Cmpf). Pluralismo, già. È questa la parola chiave. Tante voci, tante idee nutrono il dibattito. Altrimenti paralizzato, affamato, da posizioni virali, populiste e superficiali, veicolate dal denaro investito a favore delle grandi piattaforme digitali che scelgono, decidono (solo in base all’interesse dei loro affari) chi ha visibilità e quando.
Stando alle notizie che arrivano dal progetto, ci sono a disposizione 1,2 milioni di euro che saranno investiti e divisi tra trenta media locali. Non giornali qualsiasi. Ma testate che lottano, combattono, ogni giorno con le difficoltà della distribuzione, dei territori spogli, di infrastrutture, di voci e tra un po’ anche di uomini e donne. Là dove non arrivano i giornali, Local Media 4 Democracy tenterà di intervenire, restituendo il diritto all’informazione alle popolazioni che vivono nelle aree disagiate, periferiche, lontane dai circuiti della grande e piccola distribuzione. Ma c’è anche un altro obiettivo, ambizioso, che si pone il progetto. Ed è quello di lottare contro la desertificazione dell’informazione. Giornali e redazioni chiudono, trafitti da una crisi che sembra invincibile. E nessuno li sostituisce, tantomeno la pletora di blog e profili social. L’informazione è una cosa seria, non si può improvvisare e nemmeno condividere furiosamente. L’Europa ripete quello che sappiamo da tempo ma che in Italia, anche (o forse soprattutto…) per colpa di (ex, per fortuna) sottosegretari all’editoria che si vantavano di “informarsi su Telegram”, ci eravamo quasi dimenticati. Senza giornali, senza agorà, non c’è dibattito. Non c’è democrazia.
Maja Sever, presidente EFJ, ha presentato così le ragioni del progetto: “L’esistenza di un ecosistema di media locali vibrante e indipendente al servizio degli interessi pubblici delle sue comunità locali è una pietra miliare per le nostre società democratiche. Accogliamo con favore questo sostegno da parte della Commissione, riconoscendo l’importanza dei media locali”. Quindi ha aggiunto: “Si spera che ciò crei un effetto a cascata per ottenere maggiore sostegno dai governi e dalle istituzioni nazionali ai media locali, consentendo ai giornalisti e ai media locali di servire meglio le loro comunità”. Un auspicio che deve diventare un preciso punto, politico, che accomuni le forze ideali e culturali italiane. È ora di uscire, definitivamente, dall’era del populismo un tanto al clic. È giunto il momento di lavorare e sostenere il lavoro di chi, con grandi sacrifici personali e professionali, garantisce un bene fondamentale per la tenuta della democrazia e l’attuazione della costituzione: scrive e porta in edicola i giornali.
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