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L’Italia non è un paese per le imprese…

Un giovane scrittore lucano ha scritto una parodia delle disavventure che un ipotetico Steve Jobs nato a Napoli avrebbe passato una volta avuta l’idea di aprire una società di informatica. Il tempo da dedicare al progetto della mela, grande o piccola che sia, sarebbe stato assorbito dalle file al comune, all’asl, all’agenzia delle entrate, ai vigili del fuoco per dotarsi delle milioni di autorizzazioni necessarie a lavorare. Per poi capire che le banche di un progetto non se ne fanno nulla se non è accompagnato da moneta molto sonante da prestare a garanzia. Il libro è da leggere. E non a caso nessuna grande azienda del web è nata da queste parti. Molti giovani hanno idee, belle idee. Ogni tanto qualche giornale le passe in rassegna, qualche istituzione li premia per far fare qualche passerella al politicante di turno e la cosa finisce qui. Anzi no. Le aziende nate nella Silicon Valley o in quegli strani Paesi dove sei hai un’idea e la pazza idea di voler anche lavorare, la pubblica amministrazione ti aiuta a farlo e non ti tratta, da subito, come un futuro criminale. In Italia questo non accade. Chi fa l’imprenditore ed ha la possibilità di farlo a livelli importanti sceglie. E probabilmente sceglierà di sviluppare la ricerca nei Paesi che sostengono la ricerca, il che non significa fruire di finanziamenti pubblici, ma poter fruire di un contesto positivo tra professionalità dei giovani (vedi India) o regimi fiscali favorevoli (vedi Irlanda). Oppure sceglie, perché può scegliere, di localizzare le attività labour intensive nei paesi in cui il costo del personale è più basso. Chi non farebbe cosi? In Italia, quindi, il business si limita a vendere agli italiani quello che si progetta in altre parti del mondo. Ma non va bene, dice il fisco italiano. Voi venite qua a fare affari evadendo le imposte. L’assioma è sempre lo stesso, vale per il bottegaio all’angolo e per i colossi dell’informatica, dove c’è lavoro autonomo, c’è evasione, presunzione assoluta di colpevolezza che sulle pagine dei giornali fa gridare felici i famelici divoratori dell’ennesimo scandalo alla ricerca delle ragioni delle loro frustrazioni. Le aziende italiane le (s)vendiamo ai francesi, ma nessuno varchi il Rubicone del Fisco italiano. Questo non è un Paese per le imprese.

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