Saranno gli algoritmi a decidere cosa possiamo e dobbiamo leggere e cosa, invece, dobbiamo ignorare? Il tema è centrale e non è più eludibile alla luce della digitalizzazione che, chiaramente, ha investito e investirà il settore dell’editoria nei prossimi anni fino a diventarne con ogni probabilità uno dei tratti distintivi.
E allora il rapporto tra le testate giornalistiche, tra i blog e le grandi infrastrutture digitali deve essere chiaro, non può ammettere zone d’ombra. Non è solo la questione degli incassi che è pure centralissima e chiama le istituzioni a una presa di coscienza importante per garantire il futuro agli editori e, insieme a essi, tutelare l’attuazione dei principi costituzionali della libertà e del pluralismo. Ma è l’accessibilità stessa alle fonti e ai giornali che non può essere lasciata all’autoregolamentazione dei soggetti stessi che garantiscono i servizi web. Altrimenti il rischio di “censura”, al di là delle questioni politiche, è dietro l’angolo. E il rischio sarà quello di trovarsi un algoritmo – che non è per niente intelligente – a vietare e giudicare il valore di opere e lavori.
Come è accaduto al giornalista d’inchiesta Fabrizio Gatti de L’Espresso che si è visto “oscurare” da Google il suo libro “L’infinito errore” (edito da La Nave di Teseo) perché tacciato dal “solito” algoritmo di “aver trattato i temi della pandemia con poca sensibilità”. Una giustificazione beffarda: che vuol dire (e come si misura) la “sensibilità” di un’opera, di un’inchiesta giornalistica?
Lo stesso Gatti ha denunciato l’accaduto riferendone all’Agi: “Nel mio libro avrei trattato i temi della pandemia con poca sensibilità. A stupirmi è il criterio estetico, soggettivo, sulla base del quale viene motivata una simile decisione da parte di una multinazionale privata, che opera nell’Unione Europea e che quindi dovrebbe attenersi alle sue regole. Non si dice che sostengo il falso, dato che ciò che scrivo è documentato, né che i contenuti sono diffamatori: si sostiene poca sensibilità. Ma i fatti non richiedono sensibilita’, bensì verifica”.
Dall’altra parte della barricata, politica e culturale, è stata espressa la posizione secondo cui va tutelata l’informazione, specialmente quella locale, dalle logiche invasive degli algoritmi web. Il deputato leghista Massimiliano Capitanio in una nota ha lanciato l’allarme: “L’informazione del futuro passerà inevitabilmente da logiche algoritmiche. Sono così minacciate le basi per la sopravvivenza della nostra democrazia ed il pluralismo nella comunicazione. Per la Lega la libertà è un diritto irrinunciabile e va tutelata investendo sui mezzi tradizionali dell’editoria come quelli locali”.
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