L’Intelligenza artificiale continua a macinare progressi e i giornalisti non possono fare altro che sollecitare le istituzioni a correre, a stare (almeno) al passo dei giganteschi gruppi digitali che ambiscono a lanciare l’ennesima rivoluzione dalla quale, stavolta, si rischia di non uscirne (professionalmente) vivi. L’intelligenza artificiale, da curioso accrocchio utile a qualche disegnino acchiappaclic online, è diventata generativa. Il caso Sam Altman, prima silurato e poi immediatamente richiamato in sella a OpenAi, ha dimostrato che, anche di fronte a ben precise e documentate accuse, le grandi major vanno avanti. Senza fregarsene di niente e di nessuno.
Intanto, però, i giornalisti continuano a lanciare allarmi su allarmi. L’ultimo incontro, tenutosi giovedì scorso al Maxxi di Roma, ha registrato l’ennesima presa di posizione da parte dei cronisti. “L’intelligenza artificiale è un’opportunità, ma occorre che l’uso sia regolamentato”, ha affermato Alessandra Costante, segretaria generale della Federazione nazionale della Stampa italiana: “C’è il rischio di una riduzione della domanda di lavori poco professionalizzati e nell’informazione ci sono figure molto professionalizzate, intermedie e poco professionalizzate: con l’IA generativa i posti di lavoro di queste ultime sono messi a rischio”. Ma non è finita qui. Perché, secondo Costante, non ci si può affidare a codici etici né a regolamenti di categoria: “L’autoregolamentazione da parte degli editori è necessaria, ma non sufficiente. Serve un tavolo di confronto con il sindacato”.
Parole su cui riflettere sono arrivate anche da Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti: “L’elemento discriminante è la trasparenza nei confronti del lettore. I contenuti dovrebbero essere distinguibili, anche sulla base di una nostra autodeterminazione”. Quindi la proposta: “Un sistema simile a quella dei Creative Commons – ha proseguito – con l’utilizzo di simboli che potrebbero definire le modalità di costruzione della notizia, anche se dire se un articolo è costruito con o senza ausilio dell’Intelligenza artificiale è troppo poco, occorre specificare le procedure utilizzate”.
Insomma, siamo davanti a una rivoluzione. E non sappiamo come andrà a finire. Per il momento, l’unica cosa certa è che il digitale corre, verso dove non si è ancora ben capito, e le istituzioni rincorrono. Se per anni il web è stato un autentico far west, ora non si può più aspettare. È stata la mancanza di leggi e regolamentazioni a trasformare il mondo virtuale in un oligopolio dominato da pochissimi attori che oggi, ipertrofici e giganteschi, tengono una posizione più che strategica e lasciano agli altri, quelli che davvero “riempiono” di contenuti il web, solo le briciole.
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