Procediamo con ordine ed esaminiamo le cifre di fine 2014 (e quindi relative a tutto l’anno precedente). Negli Usa il fatturato degli ebook copre quasi un quarto del totale per gli editori (24 per cento), la media europea non supera il 15 per cento. Nella forbice del vecchio continente da un lato c’è l’Inghilterra, attestata sul 14 per cento, dall’altro l’Italia, col suo scarso 3 per cento. Il nostro Paese è partito al rallentatore, tanto che l’anno precedente, il 2012, faceva segnare l’1,5 per cento, ma sta aumentando con una progressione sensibile, tanto che in ambienti editoriali si parlava a fine 2014 di un fatturato digitale attestato tra il 6 e il 7 per cento. Insomma, partenza lenta, marcia da diesel.
Secondo “Digital Agenda Scoreboard”, l’Italia sta pagando il prezzo di un ancor scarso – fino a ieri – utilizzo di internet e, ancor più, un modesto approccio all’ecommerce: paragonandoci alla Svezia, siamo indietro di 19 punti percentuali.
Dagli editori, le cifre sul cartaceo non sono certo rosee: nell’ultimo quadriennio le vendite hanno fatto segnare un significativo – 20 per cento e nel 2013 il numero dei lettori si è ridotto del 6 per cento, mentre il numero dei titoli pubblicati – pur probabilmente pletorico e inflazionato – è sceso del 4 per cento.
Ma passiamo ad alcune ricerche made in Usa ed eccoci a quel che non ti aspetti. Stando ai risultati di uno studio elaborato all’Università di Washington, appena l’8 per cento degli studenti sceglie gli ebook, mentre la maggioranza bulgara del 92 per cento preferisce e si affida ai libri cartacei tradizionali. A condurre la ricerca la linguista Naomi Baron, autrice del saggio Words Onscreen (Parole sullo schermo). Da tener presente che gli Usa – primo Paese dove sbarcano gli ebook all’inizio degli anni ’90 – hanno da sempre coltivato una sorta di “odio amore” per le lettura digitalizzata. Se è vero che due anni fa il presidente Barack Obama nel suo programma prevedeva di introdurre, entro il 2017, gli “etextbooks” in tutte le scuole, non si può dimenticare la paura che agli albori circondava lo sbarco dei marziani digitali, emblematizzata da un cittadino che nel 1991 scriveva una preoccupatissima lettera al New York Times: “ho forti timori che i nuovi libri elettronici non si possono leggere in bagno”.
Sono sempre gli States a far decollare, nel 2000, il “Progetto Gutenberg” che prevede la prima pubblicazione dei classici della letteratura on line; mentre sette anni fa il colosso Amazon lancia la piattaforma Kindle.
Così scrive a gennaio, per il sito a stelle e strisce “New Republic”, Alice Robb, che si occupa soprattutto di nuove tecnologie. “Nonostante un forte consenso raccolto in certi contesti, gli ebook rimangono molto controversi. A molte persone semplicemente non piacciono: consumano troppa batteria, ti possono abbandonare all’improvviso. Dopo anni di crescita, le vendite ristagnano. Nel 2014, il 65 per cento dei ragazzini tra i 6 e i 17 anni diceva che avrebbe letto sempre e solo libri stampati, percentuale cresciuta di 5 punti rispetto a due anni prima”.
Naomi Baron porta molti dati e numeri a favore della causa dei libri stampati: lei e i suoi colleghi hanno testato 300 studenti universitari negli Usa, in Giappone, Germania e Slovacchia, e scoperto una quasi universale preferenza per la carta stampata, soprattutto per quanto riguarda le letture serie, impegnative. Quando agli studenti veniva offerta una opzione tra vari mezzi – copie stampate, cellulari, tablet, ebook, laptop – il 92 per cento ha risposto che si potevano concentrare meglio solo mediante la copia cartacea. “Il gruppo preso in esame – osserva Baron – comprendeva teenagers e giovani adulti, ma loro hanno parlato di cose che non pensavo che tra i 18 e i 26 anni si prendessero ormai più in considerazione”. Come il profumo della carta, il senso tattile, la possibilità di segnare meglio a penna o a matita, evidenziare, scrivere note a margine; la possibilità di memorizzare meglio, di visualizzare, di scorrere il libro manualmente e agevolmente; di tornare subito alla copertina, al titolo e al nome dell’autore, senza dover maneggiare sul tablet: solo alcune – queste – tra le svariate sensazioni descritte (e preferite) dagli studenti.
Chiede Alice Robb: “Perché i giovani sono così contrari agli ebook?”. Risponde Baron: “Ci sono due ordini di ragioni, fondamentalmente. Per il primo, sostengono che si distraggono facilmente, passano mentalmente ad altre cose. Per il secondo, parlano di “discomfort”, di disagio fisico in quel tipo di lettura, che per loro procura fastidio agli occhi e anche mal di testa”. Ecco i vantaggi “di carta”: “Alcuni studenti – descrive Baron – raccontano della loro memoria visiva di qualcosa che era sulla pagina, cosa che non si può riscontare con lo screen. Un altro studente ha osservato: ho un senso di appagamento quando finisco un libro, e mi piace, poi, vederlo sullo scaffale. Molti studenti slovacchi mi hanno parlato dell’odore della carta stampata. Ci sono tante e tante diverse motivazioni, che molto spesso portano a una componente fisica, tattile, sensoriale nella lettura”.
Una delle motivazioni che spesso hanno spinto in direzione anti-libri è quella “ambientalista”: produrre carta significa abbattere alberi. “Per questo negli Usa – dice Baron – è molto in voga quello che si usava un tempo, il ricorso a libri usati, soprattutto per la narrativa. Ma quello che vorrei sottolineare è soprattutto, quando si parla di educazione superiore, che noi non ascoltiamo i giovani, quando si tratta di assumere delle decisioni. Noi siamo convinti che i tablet permettano un risparmio nei costi, siano più convenienti, più ecologici: ma non ci chiediamo proprio in che modo i nostri studenti la pensano davvero”.
A confermare le diagnosi di Baron arrivano le considerazioni di un’altra ricercatrice statunitense, Maryanne Wolf, neuroscenziata cognitivista, e sei anni fa autrice di un basilare saggio sui temi dell’apprendimento e della lettura, “Proust e il calamaro”. “C’è fisicità nella lettura – sottolinea Wolf – girare le pagine di un libro cartaceo è come lasciare un’impronta dopo l’altra su una pista, c’è un ritmo e un ricordo visibile del viaggio che è stato fatto”. Nel suo saggio, Wolf analizzava le nuove frontiere aperte dall’avvento del digitale e si poneva una serie di interrogativi: quali perdite e guadagni riserva il domani ai tanti nativi digitali che hanno sostituito al libro la caleidoscopica cultura di internet, con la sua informazione sovrabbondante e la sua attenzione intermittente? La rapida, quasi istantanea presentazione di un contenuto informativo digitale può pregiudicare il decantarsi di un sapere più profondo, che ha bisogno di tempi più lunghi? Al fondo di tutto, il pericolo, per le presenti e future generazioni, di perdere la capacità di letture e cognizioni più profonde. Come se i ritmi della vita fluttuassero unicamente sul pelo dell’acqua…
E sempre dagli States, un altro avviso ai naviganti (e ai nativi): secondo il presidente del colosso mondiale per l’editoria scolastica e universitaria Pearson, Don Kilburn, non siamo – con l’avvento delle reti e del digitale – ad una vera e propria rivoluzione: ma ad una “evoluzione” dai contorni ancora indefiniti e poco decifrabili.
Passiamo all’Europa. E ad altre ricerche universitarie. Stavolta siamo alla norvegese Stavanger, che fa parte di un pool di atenei impegnati nello studio degli effetti della digitalizzazione sulla lettura. Ecco il risultato su un campione di giovani: chi legge e apprende su ebook incontra maggiori difficoltà a ricordare il contenuto di un testo. “L’atto stesso di sfogliare le pagine – spiegano – e la sensazione tattile del libro cartaceo aiuta ad assimilare meglio le informazioni”.
In sostanza, i ricercatori di Stavanger hanno domandato a 50 giovani di leggere un racconto giallo di 29 pagine: 25 la versione cartacea, 25 quella digitale. E’ stato poi chiesto a tutti di rispondere ad alcune domande circa la comprensione del testo, nonché dettagli della storia: il risultato lascia poco spazio ai dubbi, chi ha letto sul Kindle ha dato risposte molto più scarse rispetto a coloro i quali hanno letto su carta, e soprattutto quando si è trattato di elencare una serie di eventi – una dozzina – in un certo ordine. Così ha commentato il risultato dello studio la ricercatrice Anne Mangen: “ciò che manca ai lettori digitali è la sensazione tattile del progresso”. “Quando si legge su carta – continua Mangen – è possibile percepire con le dita il mucchio di pagine che cresce a sinistra e si riduce a destra. Si ha la sensazione tattile del progresso della storia”.
Tenuto conto di tutte queste cifre e queste tendenze, farà qualche piccola inversione di rotta il governo Renzi, tutto votato al digitale spinto e alle bande ultraveloci?
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