Un anno nero per la libertà di informazione nel mondo: 110 giornalisti sono rimasti uccisi nel 2015, 67 sono morti nell’esercizio delle loro funzioni, mentre altri 43 sono morti in circostanze ancora non del tutto chiarite. Al terzo posto c’è la Francia, con gli otto giornalisti assassinati dall’aggressione jihadista a Charlie Hebdo. I dati sono stati rivelati da «Reporter senza frontiera», avvertendo che la maggior parte dei giornalisti è stata colpita deliberatamente per il proprio lavoro in paesi cosiddetti «pacifici». Inoltre, 27 «citizen-journalist» non professionisti e sette altri operatori dei media sono stati ammazzati. Il bilancio grave è «ampiamente attribuibile a deliberate violenze contro giornalisti» e dimostra il fallimento delle iniziative per proteggere gli operatori dei media, spiega il rapporto annuale di Rsf, chiedendo alle Nazioni unite di muoversi. In particolare, il rapporto accende un faro sul crescente ruolo di «gruppi non statali» – a partire dai jihadisti legati all’Isis – nel perpetrare atrocità contro i giornalisti. Nel 2014 due terzi dei giornalisti uccisi sono caduti in zone di guerra. Nel 2015 è stato l’esatto opposto: «Due terzi sono morti in paesi `in pace´». Tuttavia, i posti più pericolosi al mondo restano l’Iraq e la Siria, con 11 e 10 vittime rispettivamente.
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