Ieri, 03 maggio, è stata celebrata per la ventiseiesima volta la giornata mondiale della libertà di stampa . E’ infatti stata proclamata dalle Nazioni Unite nel 1993, a seguito della dichiarazione africana di Windhoek sul pluralismo dei media. Quest’edizione coincide anche con la ricorrenza del 70esimo anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani. E’ stata l’occasione per l’ONU di rivolgere un monito a difesa della corretta esplicazione della professione giornalistica. Gli ultimi rapporti dell’Unesco hanno certificato dati critici per i reporter. Negli ultimi cinque anni sono stati uccisi 530 giornalisti e nel 90% dei casi i crimini commessi sono rimasti impuniti. Sono abbastanza recenti i casi in Afghanistan e Turchia, paesi in cui la libertà di stampa viene quotidianamente ignorata. Ma va anche ricordato anche l’episodio di Jan Kuciak in Slovacchia, paese che teoricamente dovrebbe garantire maggiori garanzie ai giornalisti. Aumentano anche gli shutdown della Rete (da 18 nel 2015 a 56 nel 2015), da intendere come i blocchi di Internet al fine di impedire la diffusione delle notizie. L’analisi dell’Unesco ha riguardato quattro fattori caratterizzanti il diritto di informare ed essere informati: la libertà, l’indipendenza, la sicurezza e la pluralità. Le Nazioni Unite si prefiggono, nell’Agenda per lo Sviluppo 2030, di tutelare la libertà di stampa e ridurre il più possibile i fenomeni di limitazione dell’accesso a fonti di informazione.
Anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è intervenuto sul tema, sottolineando che la libertà della informazione è fondamento di democrazia. Parole scontate, che devono però dare il via ad un impegno serio contro i fenomeni delle intimidazioni e delle querele temerarie. Nell’ultima rilevazione di Report Sans Frontieres, che stila annualmente una classifica sulla libertà di stampa, l’Italia è 46esima. Il problema principale è ovviamente dato dalla criminalità organizzata, che non cessa la sua opera di pressione nei confronti dei giornalisti, soprattutto in Calabria, Campania e Sicilia. C’è da aggiungere, poi, che un aumento quantitativo dell’informazione non è necessariamente sinonimo di incremento della qualità di informare: il dilagare delle fake news è la prova di un crescente decadimento del giornalismo. Per frenare questo processo è opportuno prevedere maggiori garanzie, a livello retributivo, per chi il giornalismo lo fa con serietà e professionalità.
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