Libertà di stampa, Italia fanalino di coda

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Rassegna stampa, Eco e Data stampa ricorrono in tribunale

quotidiano on line Tempi duri per la stampa italiana.
Secondo quanto riportato dal dossier di Reporter senza frontiere, stilato in base ai comportamenti e alle intenzioni dei governi nei confronti della libertà di stampa, l’Italia perde ben quattro posizioni nella classifica europea scivolando, mestamente, nelle retrovie.
Già in precedenza la situazione non era delle più rosee. Ora, non solo l’atteso miglioramento non c’è stato, ma addirittura si è verificato un netto peggioramento del quadro generale.
A parlare sono i dati che, su una base di 179 paesi esaminati, collocano il Belpaese al cinquantasettesimo  posto in graduatoria, addirittura dopo Botswana e Niger.
Secondo le analisi e le considerazioni RsF, le cause del lento declino del mondo editoriale tricolore, andrebbero ricercate a monte.
Più precisamente a partire dalla cattiva gestione legislativa e politica del governo che a suon di leggi bavaglio ed un’eccessiva stretta sulla diffamazione, ha indebolito un apparato già fragile e precario.
Mal comune mezzo gaudio, si potrebbe pensare dando un’occhiata allo stato delle cose in Grecia (ottantaquattresimo posto) ed in Ungheria (cinquantaseiesimo posto) , dove anche in questi casi, alcune azioni governative poco oculate hanno intaccato anche il comparto giornalistico. Perché “Se l’Ungheria paga il prezzo delle sue riforme repressive, che hanno avuto un impatto notevole sul lavoro dei giornalisti, altrettanto accade nel paese ellenico dove l’ambiente sociale e professionale per i suoi giornalisti, esposti alla condanna pubblica e alla violenza sia dei gruppi estremisti che della polizia, è a dir poco disastroso”, spiega una nota di Reporter senza frontiere.
A questo punto, se vogliamo davvero rialzarci dagli abissi in cui siamo precipitati, la prima cosa da fare è prendere il buon esempio da chi ce l’ha fatta a rialzarsi, come il Malawi passato dalla 146esima alla 75esima posizione.
Un grande passo in avanti per il paese africano, per i suoi abitanti e per il mondo dell’informazione in generale, che dimostra che le cose, se lo si vuole, possono cambiare. Soprattutto in meglio.

 

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