Non cambia nome la risoluzione del parlamento europeo sulla libertà di informazione in Italia e in altri stati membri. Non passa il tentativo in extremis del partito popolare europeo (Ppe) di diluire l’intestazione in un generico «libertà di informazione nella Ue»: in 231 votano contro e in 195 a favore. 9 gli astenuti. A condannare i popolari anche molte sedie vuote, tante, comprese 12 italiane, 10 del Pdl, tra cui Mastella e la Sartori, e due dell’Udc, De Mita e Carlo Casini, dei movimenti pro-vita. Quasi completo il Pd, assenti solo De Castro e Caronna, e l’Idv, non pervenuto lovine.
La prova del nove si avrà domani, quando la risoluzione verrà votata dal Parlamento di Strasburgo, dove il centrodestra è in maggioranza. Da vedere cosa succederà con le crisi di coscienza e le assenze.
La risoluzione finale di Socialisti e democratici, liberaldemocratici, verdi e sinistra unitaria, chiede al parlamento di «deplorare le intimidazioni e le pressioni dirette contro giornali italiani ed europei dalle autorità di governo italiane» ricorda che siamo al 73mo posto nella classifica mondiale della libertà della stampa e richiama l’attenzione sulle «anomalie del conflitto di interessi tra politica, economia e media». Un problema europeo ma che in Italia acquista dimensioni esagerate.
Quanto alle iniziative, il centrosinistra chiede alla Commissione «di investigare i rischi di concentrazione dei media» e di proporre una direttiva europea sul pluralismo. 14 gruppi firmatari, chiedono infine di trovare «indicatori appropriati per il livello di pluralismo e indipendenza» nei media.
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