Categories: Giurisprudenza

LIBERTÀ DI CUMULO: NUOVA SCONFITTA DELL’INPGI DAVANTI AL TRIBUNALE DI MILANO

Nuova batosta per l’Inpgi. Il Tribunale del lavoro di Milano (presidente Eleonora Porcelli) ha condannato l’Istituto a rifondere 49mila euro (con rivalutazione e interessi) al giornalista professionista pensionato Gianni Gambarotta e a versare 1800 euro a titolo di spese legali. Il giornalista è stato difeso dagli avvocati Ugo Minneci e Sabina Mantovani. La sentenza sarà depositata entro 60 giorni. I 49mila euro si riferiscono alle trattenute effettuate dall’Inpgi sull’assegno mensile di Gambarotta tra l’aprile e l’ottobre 2011.

In attesa del deposito della motivazione gli avvocati Minneci e Mantovani hanno sottolineato “con soddisfazione” i seguenti aspetti:

– viene ribadito ancora una volta l’obbligo dell’INPGI di adeguarsi alla disciplina comune;

– anche sulla scia della pronuncia della Cassazione si può cominciare a parlare di un vero e proprio orientamento giurisprudenziale in materia;

– il Tribunale di Milano, sezione lavoro, nella persona del dott. ssa Porcelli ha dimostrato di lavorare più che bene: in due udienze ha sentito le parti e ha emesso la sentenza;

– il consolidarsi dell’orientamento rende sempre più pretestuosa anche agli occhi del Giudice l’atteggiamento dell’INPGI: tanto che per la seconda volta l’ente è stato condannato a rifondere le spese di giudizio.

Oggi deve essere messo in luce che i giudici di merito, dopo le novità introdotte nel Cpc dalla legge 69/2009, sono tenuti ad adeguarsi alla consolidata giurisprudenza espressa (“stare decisis”) dalla Cassazione. Perse le speranze di vincere davanti ai giudici di merito, il nuovo CdA dell’Inpgi dovrebbe, anche in fretta, modificare l’articolo 15 del Regolamento della Fondazione che è in contrasto con il dl 112/2008 e con due sentenze della Corte costituzionale sul punto. Senza contare il contrasto con l’articolo 3 della Costituzione circostanza rilevantissima sottolineata in più sentenze. Soprattutto ora che l’Inpgi è una pubblica amministrazione della Repubblica, il CdA non dovrebbe ostinarsi in una “resistenza” che sfiora la LITE TEMERARIA qualora dovesse costringere altri giornalisti ad imboccare la via giudiziaria per difendere i propri diritti e i propri interessi. Le conseguenze, però, potrebbero rivelarsi devastanti sul piano personale per amministratori e sindaci. Ultima nota: l’8 novembre 2011 il CdA ha pubblicizzato, con un comunicato, gli studi attuariali secondo i quali l’Istituto è in grado di pagare le pensioni per i prossimi 50 anni. Ed allora il problema dov’è? Risponda la Fnsi che sta giocando in questa partita un ruolo perverso di opposizione ideologica rispetto alla volontà del Parlamento e della Corte costituzionale.

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