Nel corso dell’incontro lo Snag ha messo sul tavolo la penalizzazione che la Liberalizzazione ha determinato nei confronti degli edicolanti Lombardi e in particolare verso coloro che vengono definiti “esclusivi”.
A tal proposito è bene ricordare la sentenza n.1945 del 9 aprile 2013 della quinta sezione del Consiglio di Stato.
Nel caso specifico la Corte ha censurato la condotta di un Comune in ordine alla disciplina applicabile per le aperture ed i trasferimenti di edicole (punti esclusivi di vendita di riviste e quotidiani), affermando più generalmente un principio chiaro in materia cioè quello della totale liberalizzazione, per quanto attiene alle aperture, orari, trasferimenti di edicole, prima interamente assoggettate al D.Lgs. 170/01.
“Non c’è dubbio che l’attività di distribuzione e vendita di giornali e riviste sia da annoverare tra le attività comuni aperte alla libera concorrenza previste dal D. Lgs. 114/98 e che tale attività commerciale non ne sia esclusa è anche provato dal disposto dell’art.13 del decreto che cita espressamente tra le attività commerciali gli esercizi di vendita di giornali ed esclude per essi solo l’applicazione delle disposizioni relative agli orari di apertura e chiusura al pubblico….”.
Ed inoltre il previgente numerus clausus relativo alle autorizzazioni per l’apertura di edicole disponibili all’interno di un Comune “confligge con i principi di diritto europeo di libero stabilimento e di concorrenza tra imprese, ponendo restrizioni all’istituzione di nuove ma anche alla loro mobilità sul territorio (art.49 TFUE). Né ricorre in materia la possibilità per i singoli Stati di derogare a tali principi con l’apposizione di vincoli di varai natura, atteso che il Trattato ne prevede la possibilità ma solo per comprovati motivi di natura sanitaria o di ordine e sicurezza pubblica”.
Pare chiaro che non sia più applicabile il regime autorizzatorio fondato sul contingentamento delle attività ma è applicabile a pieno ed in modo insindacabile il regime della Scia. Vanno perciò in soffitta i vecchi piani comunali, redatti e approvati in osservanza del D.Lgs.170/01, di localizzazione dei punti vendita di quotidiani e periodici che disciplinavano dettagliatamente l’esercizio di tale tipologia di attività di vendita, subordinandola al rilascio di apposita autorizzazione comunale, previa indizione di un bando pubblico, nonché al rispetto di parametri numerici prestabiliti e distanze minime. I comuni non possono più rifiutare l’apertura di nuove attività a meno che, con apposita deliberazione, non abbiano individuato zone del territorio “vincolate”, cioè dove l’apertura di edicole non è libera ma contingentata in base, tuttavia, ad accertati imperativi motivi di interesse generale attinenti la tutela della salute, del patrimonio artistico e architettonico, dell’ordine pubblico, dell’ambiente, ecc.
Confusione nasce dal fatto che la liberalizzazione delle edicole non è stata sancita da una disposizione legislativa espressamente abrogatrice del D.Lgs. 170/01, che peraltro ancora vige seppur in parte, ma da un percorso di derivazione dell’Unione Europea che mira alla liberalizzare delle attività in genere. Tale mancanza di chiarezza è il frutto di innumerevoli compromessi che cercano di individuare “lati scuri” della norma europea per rimandare il più possibile una liberalizzazione che di per sé è inevitabile.
Ma qui c’é di più: la liberalizzazione del settore «non garantisce alcun vantaggio ai consumatori (in quanto il prezzo delle pubblicazioni è comunque fissato dagli editori) e colpisce quella rete di punti vendita esclusivi che con il loro lavoro ed il loro impegno quotidiano, assicurano la diffusione della stampa, senza portare alcuna sostanziale apertura di mercato e alcuna possibilità di sviluppare una reale concorrenza». Inoltre «l’attività di vendita di quotidiani e periodici», non è un’attività libera, ma è una attività fortemente vincolata. Le edicole infatti non possono decidere quale prodotto porre in vendita o il prezzo dello stesso o le condizioni di commercializzazione, in quanto deve essere assicurata la parità di trattamento di tutte le testate e il diritto di tutti di accedere all’intera offerta editoriale in condizione di parità».
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