Undici agenzie di stampa sono “troppe” da ‘finanziare’ per il governo: è una “situazione da rettificare” e quindi i “rapporti” tra palazzo Chigi e le agenzie “saranno ridefiniti entro quest’anno”. Lo dice Giovanni Legnini, sottosegretario all’Editoria, parlando al centro congressi Frentani, in occasione della festa per i 25 anni della Dire.
“I contratti tra presidenza del Consiglio, ministero degli Esteri e le agenzie di stampa saranno rinnovati- spiega- ma si tratta di una situazione molto complessa: vorrei tentare non di demolire quanto fatto nel passato, però alcuni cambiamenti adeguati alla situazione li dobbiamo apportare”.
Legnini auspica “cambiamenti graduali che tengano conto dei processi di specializzazione e multimedialità, dell’occupazione, della quantità e qualità del lavoro. Il governo oggi ha rapporti con 11 agenzie. Per me avere più agenzie costituisce un presidio ineliminabile per la qualità del pluralismo, ma 11 sono troppe, c’è troppa dispersione”.
Legnini assicura di non voler “fare azioni soppressive ma dobbiamo introdurre, per mantenere il pluralismo, una regola che favorisca l’aggregazione delle agenzie. Una scelta auspicabile soprattutto per le agenzie piccole”.
Il pluralismo poi, secondo Legnini, “passa anche per un corretto assetto dei rapporti che saranno definiti entro quest’anno e in linea con la legge di stabilità in itinere”.
Quanto alle norme generali al vaglio per l’editoria, aggiunge il sottosegretario, “non c’è nessun provvedimento che preveda solo licenziamenti, né alcun tesoretto. C’è una somma minima con cui vorremmo accompagnare le aziende nella loro trasformazione, mettendo al centro l’occupazione, l’investimento in tecnologia e, certo, anche l’uscita di eventuali lavoratori. Stiamo definendo in questi giorni un pacchetto di norme nelle quali spero possa trovare posto anche il diritto d’autore e che riguarderanno tutta la filiera, comprese le edicole”.
Legnini affronta poi anche il tema della confluenza del mercato pubblicitario sul web a discapito delle testate giornalistiche tradizionali. “Si può pensare a un progetto legislativo sui motori di ricerca – commenta – ma non si può entrare nelle leggi di mercato”.
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