L’accordo tra le parti sociali ed il Governo per la definizione di una politica nel settore dell’editoria è uno degli elementi di maggior interesse per valutare le reali capacità di azione dell’esecutivo. Il Governo Letta è da più parti accusato che se è vero che tra il dire c’è di mezzo il mare, allora….. Ma questa volta le intenzioni ci sono; e le ragioni per vedere con interesse l’iniziativa di Legnini sono diverse. Sono lontani i tempi in cui il sottosegretario Bonaiuti che, delegando ai tecnici, nel nome degli Stati generali, che sono quella cosa che si fa, quando non si sa cosa fare, varò allegramente il naufragio di un comparto. Il nuovo sottosegretario ha usato un sistema diverso, quello della conoscenza e della consapevolezza; alle audizioni presso le competenti Commissione è andato documentato, sapendo di cosa parlava. E soprattutto per la prima volta, da anni, la gestione del settore è tornata ad essere politica, andando oltre le demagogie che la stessa politica ha utilizzato a man basse per giustificare la sua assenza di strategia. La riduzione della spesa pubblica è diventata una doverosa necessità e non più l’obiettivo della legislazione di settore. Sembra un gioco di parole, ma non lo è, anzi. Ed anche gli evidenti accordi collaterali con i grandi editori e con il sindacato dei giornalisti per il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali rientra nell’ambito di una dialettica politica in cui le lobbies, ossia i gruppi organizzati di interesse, possono essere, finalmente, viste come interlocutori reali e non come semplici difensori di privilegi. A pensar male non si pecca mai, diceva qualcuno. Ma in questo momento di durissima crisi è necessario anche credere che fare sia possibile.