Non si vedono spiragli di sorta sulle intercettazioni, è sempre muro contro muro. Pd e Idv rifiutano l’idea stessa che il Governo Berlusconi metta mano a una legge simile. Il Terzo Polo è attestato sulla “linea del Piave” di Giulia Bongiorno, o si torna alla sua mediazione di un anno fa, o nulla. Il Pdl, con il relatore Enrico Costa, tenta di prospettare un ulteriore compromesso, ma le porte restano chiuse. Il fine settimana è passato invano. Salvo improbabili rinvii, di cui pure parla chi vorrebbe a tutti i costi un’intesa con l’Udc, il Ddl sarà in aula alla Camera tra mercoledì e giovedì. Con un voto che potrebbe slittare alla settimana seguente per via del gran numero di emendamenti. Buone fonti Pdl confermano che non si andrà alla fiducia. Lo sconsiglia chi prevede che la maggioranza possa andar sotto su qualcuno dei numerosi voti segreti. Un incidente che, con la fiducia finale, risulterebbe politicamente irreparabile. La minaccia di una dissociazione del gruppo di Scajola è realistica. Sul Colle, dice il Pdl, si giudica negativamente il ricorso alla fiducia soprattutto per una questione tecnica, in quanto il testo è già frutto di una doppia lettura e il ricorso a un maxi emendamento presenterebbe seri ostacoli tecnici, che lo stesso Fini potrebbe rilevare bloccando il nuovo articolato per inammissibilità.
Ma è del tutto evidente che la questione è solo politica. Come dimostrano le valutazioni della Bongiorno a “In mezz’ora”. >> Non capisco come in due giorni e mezzo si possa trovare una mediazione, se in due anni e mezzo non se n’è trovata una, e se quella che si era trovata non è piaciuta<<. Costa non demorde. Cita il suo emendamento che modifica la soluzione Bongiorno in un punto essenziale, quello di quando e quali intercettazioni poter pubblicare. Il compromesso del 2010 ipotizzava una udienza-filtro dopo l’emissione di un provvedimento (arresti, sequestri, perquisizioni) in cui ci fossero intercettazioni. In quel lasso di tempo si potevano pubblicare gli ascolti solo “nel contenuto”. Il lodo Costa esclude la pubblicazione, ma poi, d’accordo con Niccolò Ghedini, il relatore lavora a un’alternativa, fare l’udienza subito dopo i provvedimenti, in modo da decidere subito, e non oltre il tribunale del riesame, cosa si può pubblicare. Adesso, in polemica con la Bongiorno e il Terzo polo, Costa dice: >>La nostra modifica non creava stravolgimenti. La sua scelta delle dimissioni da relatore è stata politica, e non di merito. E comunque si coglie un imbarazzo rispetto a testi che ora rinnega<<.
Opinione di Costa, quest’ultima. Perché è evidente che se il Pdl dovesse tornare al testo oggi in aula, quello del compromesso Berlusconi-Bongiorno, magari con la modifica dei blog, la soppressione del tribunale collegiale (chiesta dall’Udc), un’attenuazione delle pene per i giornalisti, a quel punto il Terzo Polo non potrebbe non votarlo. O quantomeno astenersi. Su questo Costa cerca un varco. >> La mediazione mi pare molto difficile, ma vado avanti. Accoglierò alcuni emendamenti dell’opposizione e ne farò altri che magari saranno intimamente apprezzati, anche se poi per ragioni di appartenenza non saranno votati <<.
Lo snodo è il bavaglio post provvedimenti. Testi pubblicabili “nel contenuto”, come ha ottenuto la Bongiorno, o udienza-filtro a ridosso delle misure? Comunque vada un dato è certo. Come dice Milena Gabanelli >> c’è il rischio di andare verso l’oscurantismo <<. Non saremo noi giornalisti a leggere un’ordinanza e poter scegliere quello che riteniamo giusto pubblicare. La selezione sarà in mano a giudici e avvocati. Ma questo è il dubbio di fondo della legge sulle intercettazioni che, comunque vada, metterà un bavaglio, piccolo o grande che sia, alla stampa. E ostacolerà il lavoro dei magistrati e dei poliziotti. Del resto, come diceva la Bongiorno, tutto dipende da chi è Berlusconi: >> Lui non è affatto un garantista. Non c’è una sua legge fatta per la giustizia o l’interesse collettivo: processo breve o intercettazioni, cose che interessano solo a lui <<. Giusto come la prescrizione breve, che tra mercoledì e giovedì vedrà il via libera in Commissione Giustizia al Senato per poi “correre” in aula e salvarlo dalla condanna Mills.
[La Repubblica]