Le affermazioni diffamatorie e le calunnie pubblicate sui social network saranno punibili con il carcere. E’ quanto ha disposto Rafael Correa, il Presidente dell’Ecuador, con lo scopo di evidenziare come ad ogni libertà corrisponda una responsabilità e dunque anche la comunicazione sui social è subordinata alle norme in materia di diffamazione, così come lo sono gli altri media.
Al momento la proposta è stata presentata ad una commissione legislativa. Successivamente passerà al vaglio dell’organo preposto di congresso che, in caso di approvazione, includerà la norma nel nuovo codice penale.
A quanti accusano Correa di voler limitare la libertà di espressione, estendendo limitazioni e divieti anche al web, questi risponde che : “Il provvedimento non è assolutamente finalizzato al controllo dei social network”. E che “simili misure sono già applicate in numerosi paesi democratici del mondo”.
Tuttavia le mosse del leader ecuadoregno destano comunque preoccupazioni tra la popolazione ed in particolare tra i cronisti che, come sappiamo, oramai si servono ampiamente del web come fonte di notizie ed informazioni.
C’è da dire che i rapporti tra il leader ecuadoriano e la categoria dei cronisti non sono mai stati caratterizzati da grande serenità, al punto che Correa avrebbe definito i reporter come mediocri, incompetenti e bugiardi.
In più, il capo della Repubblica Sudamericana si è attirato maggiormente l’ira della categoria con la proposta choc di abolire la carta stampata nel paese che pure lo aveva criticato non poco per la sua decisione di consegnare il parco naturale di Yasuni alle trivelle delle multinazionali, per iniziare lo sfruttamento petrolifero di questo lembo verde di Foresta Amazzonica. Un’idea, quella di Correa, paradossalmente giustificata dalla scelta di preservare le foreste ma che non convince fino in fondo.
Piuttosto sembrerebbe che il leader voglia per il suo paese un’informazione totalmente digitale. Una scelta anche apprezzabile se maturata in vista di una maggiore democraticità dell’informazione. A ben guardare, tuttavia, la direzione percorsa dal suo governo pare andare in una direzione opposta, seguendo la strada del controllo legislativo anche sulle piattaforme della rete.