LE PROPOSTE DELLA FNSI DI MODIFICA DEL REGOLAMENTO SUI CONTRIBUTI ALL’EDITORIA

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Riportiamo il testo contenente le osservazioni della Federazione Nazionale della Stampa Italiana allo schema di regolamento predisposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art. 44 del Decreto Legge 25 giugno 2008 n. 212.

“La Federazione Nazionale della Stampa Italiana nel proporre le sue osservazioni allo schema di regolamento di cui all’oggetto, ritiene di dover fare alcune considerazioni preliminari di carattere socio-economico che richiamano l’iniziativa politica e legislativa del Governo e del Parlamento.
L’informazione è un bene non meramente commerciale e, nella sua parte industriale, costituisce uno degli assi portanti di qualsiasi politica di sviluppo.
La difficile situazione economica che comprime i consumi pesa anche, in misura notevole, sull’editoria e sui suoi livelli occupazionali. Complessivamente considerato il settore presenta elementi di “alto rischio”.
Il finanziamento all’editoria a suo tempo venne previsto per sostenere il pluralismo, condizione essenziale di democrazia, salvaguardare e promuovere nuova occupazione qualificata, favorire la trasformazione industriale, allargare l’area dei lettori dei giornali. Le motivazioni di un finanziamento pubblico ci sono tutte anche oggi e, anzi, i processi di innovazione inarrestabili richiedono continui adeguamenti di sistema che riguardano l’impianto industriale del settore e la condizione professionale e occupativa degli addetti.
Una riforma della legge 416/1981 e successive modificazioni è urgente e lo è tanto più se il Paese considera necessario intervenire per tempo, prima che in un settore delicato per la vita democratica come quello dell’informazione professionale comunque resa disponibile al pubblico (carta stampata, tv, multimedia, ecc.) si manifestino crisi diffuse del tipo “Alitalia”.
Ciò premesso, lo schema di regolamento, ai sensi dell’art. 44 del Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112, relativo alla disciplina di erogazione dei contributi all’editoria appare, in linea generale, un documento comunque interessante ma che, in presenza dei drastici tagli di spesa previsti per il settore dall’ultima manovra finanziaria “Tremonti”, rischia di perdere efficacia proprio nelle parti più qualificanti, quelle attraverso le quali si intende incentivare l’occupazione qualificata e regolare.
Perché in attesa di una riforma organica, il regolamento, con gli opportuni adeguamenti, dispieghi una positiva efficacia, appare indispensabile l’adozione di una misura legislativa che emendando l’art. 44 del D.L. 25 giugno 2008 n. 112 coordinato con la legge di conversione 6/8/2008, n. 133, cancelli dal primo comma l’inciso “…che costituiscono limite massimo di spesa…”.
Una misura del genere, intervenendo a esercizi in corso o già chiusi (2007) programmati sulla base di previsioni differenti mette in crisi immediata, in diversi casi a rischio chiusura, diverse testate, con conseguenti licenziamenti di massa. I bilanci del 2007 sono stati chiusi tenendo conto della regola esistente e con l’iscrizione di contributi (già scontati in banca) che non ci sarebbero più. Altrettanto vale per gli anticipi bancari (che hanno un costo) chiesti e ottenuti per l’anno in corso sulla base degli affidamenti di legge. Il problema è destinato a riproporsi anche per il futuro, in quanto il contributo complessivo a disposizione per l’editoria appare indeterminabile e affidato di anno in anno alle valutazioni del Ministero dell’Economia. Di conseguenza molte aziende, soprattutto quelle di idee, politiche o le cooperative (ma alle anticipazioni bancarie ricorrono tutte) si troverebbero chiuso l’accesso al credito e nell’impossibilità di fare i propri bilanci.
La Federazione Nazionale della Stampa Italiana ribadisce la sua linea per la trasparenza, il rigore e la certezza del diritto. E’ contraria a contributi a pioggia ed è disponibile all’introduzione di parametri e criteri oggettivi e qualificanti. Ma anche qui un’osservazione preliminare: è necessario prevedere un congruo periodo di transizione perché tutti i soggetti interessati possano rapportarsi alle regole nuove eventualmente introdotte, che non possono avere effetto retroattivo, certamente non per l’anno in corso, ormai quasi esaurito.
Fatte queste osservazioni, che la Federazione Nazionale della Stampa Italiana sono imprescindibili fanno parte di un complessivo ragionamento riformatore, sullo specifico del regolamento proposto si rileva:
l’art. 2 appare utile a fare pulizia sui dati relativi all’ effettiva diffusione dei giornali. L’esclusione dai requisiti considerati per l’accesso ai contributi per le vendite in blocco è condivisibile.
Per quanto concerne le definizioni di testate nazionali e testate locali in rapporto alle percentuali di vendita o comunque di distribuzione delle copie (15%-30%), la Fnsi non ha obiezioni particolari. Tuttavia tale misura, se fatta valere già dal 2008, potrebbe creare penalizzazioni importanti con riflessi negativi sulla continuità di alcune testate e sul mantenimento dell’occupazione laddove, in assenza di criteri, a tre mesi dalla chiusura dell’esercizio non sarebbe possibile garantire una rete distributiva o di abbonamenti se precedentemente non attivati. Si ritiene pertanto che la base indicata al comma 1 dell’art. 2, superando il vecchio concetto delle tirature e introducendo un legame con la diffusione reale (vendite e abbonamenti) costituisca un segno di trasparenza.
Allo stesso modo positivamente è giudicato il requisito di prevalenza di giornalisti nelle cooperative di cui all’art. 1 comma 458, della Legge 23 dicembre 2005 n. 266.
Considerando, tuttavia, che il regolamento potrebbe essere emanato presumibilmente solo alla fine dell’anno in corso, sarebbe opportuno differire la data di decorrenza del nuovo requisito, per dar modo alle imprese (e ai giornalisti) interessati di poter fare gli adeguamenti necessari in termini di organizzazione societaria e editoriale.
L’eliminazione di fatto (comma 3 dell’art. 2) dei giornali di partito e di idee, prevedendone una trasformazione in giornali costituiti in cooperativa, appare come una forzatura della legge esistente.
A monte allora è necessaria una riconsiderazione sulla valenza dei giornali politici e di idee e sul loro ruolo nel mercato immateriale del pluralismo politico che non si esaurisce nelle rappresentanze parlamentari.
La tradizione italiana dei giornali di partito mantiene una sua valenza (ma anche di giornali di espressione culturale e politica come ad esempio il Manifesto) una sua dignità e rilevanza. Il nodo è stabilire quale sia il canale di sostegno pubblico, indispensabile, da assicurare secondo criteri oggettivi fissati per legge. Come primo contributo alla riflessione, ove si dovesse affermare l’idea proposta nel regolamento di far confluire i giornali di partito in cooperative giornalistiche, si ritiene che debbano essere previsti alcuni accorgimenti. Tra questi la previsione che i partiti di cui i giornali siano organi di informazione abbiano un legame individuabile con precisione. Un elemento potrebbe essere quello di prevedere che alle spese in bilancio delle testate i partiti, già destinatari di finanziamenti per l’attività politica, concorrono comunque con un proprio rischio imprenditoriale (aliquota da definire). Sempre, ove prevalesse questa fattispecie (cooperative) occorrerebbe prevedere (ma forse il regolamento non è strumento sufficiente) un’apertura parziale delle cooperative alle dirigenze di partito sia per quanto riguarda i vincoli e gli obblighi di impresa, sia per quanto concerne la natura espressamente politica e di partito dei giornali.
Per quanto riguarda l’art. 3, anche per favorire i giornali di idee, in base allo spirito informatore della legge 416/81, il contributo per ogni copia diffusa (0,09 euro per i quotidiani e 0,20 per i periodici) sarebbe forse opportuno articolarlo con una formula su fasce di diffusione con crescita a scalare. Inoltre, il limite massimo di 25 milioni di copie meriterebbe una considerazione in aumento alla luce dei dati reali dei giornali cui mediamente appare potersi riferire tale tetto.
Relativamente al medesimo comma 3 dell’art. 3 con un unico rilievo: la norma in sé appare rispondente a principi di correttezza ma il problema è sempre quello dell’ammontare dei finanziamenti disponibili e anche del tetto massimo considerando che le agenzie di stampa svolgono una funzione primaria e fondamentale e meno di tutti gli altri organi possono ragionevolmente contare su dotazioni pubblicitarie significative.

Parere favorevole la Federazione della Stampa esprime per quanto concerne il comma 4 dell’art. 3 che disincentiva il ricorso indiscriminato ad attività editoriali prodotte in service o attraverso operazioni che si traducono in vere e proprie elusioni contrattuali e contributive.

Identico parere favorevole si esprime per l’art. 4 e si condivide, con la precisazione che, ferma restando un’ indicazione del numero minimo di redattori, occorre definire la prevalenza del lavoro giornalistico, fondamentale per l’elaborazione dei contenuti editoriali, e l’obbligo di certificazione da parte dell’Istituto Previdenziale della corretta applicazione del Contratto Nazionale di Lavoro dei Giornalisti.

Condivisione si esprime anche per quanto è previsto nell’art. 8 e particolarmente il comma 2. Tuttavia si ritiene che per le imprese radiofoniche televisive vada meglio chiarito, la relazione con il lavoro giornalistico unico criterio attraverso il quale è ammissibile un contributo pubblico in quanto riferibile a una attività di lavoro dipendente che, esclusiva, “produce” informazione e quindi concorre a determinare pluralismo nel sistema radiotelevisivo. Di conseguenza è necessario un riferimento esplicito al contratto giornalistico e di settore.

Per l’art. 9 si ritiene indispensabile un robusto chiarimento alla luce del contenuto espresso nei comma 1, 2, 3 e 4 pare di capire che il riferimento sia alle sole agenzie di informazione radiofoniche. Se cosi è, dopo le parole “agenzie di informazione”, è necessario aggiungere “radiofoniche”.
Per le agenzie di informazione, con riferimento in particolare alle agenzie di stampa nazionale, si ritiene comunque che il criterio base di una struttura redazionale con minimo 15 giornalisti con rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno (per la Fnsi da precisare “a tempo indeterminato” ), con almeno 40 testate collocate in almeno la metà delle regioni d’Italia sia un requisito minimo e indispensabile.

L’art. 12 appare coerente con l’esigenza di accertare con chiarezza la fedeltà della documentazione prodotta ai fini della concessione dei contributi e di perseguire gli imbrogli.

All’art. 13 si ritiene che va con maggiore chiarezza chiarito, comma 3, che le emittenti radiotelevisive che trasmettono programmi nelle lingue minoritarie siano assolutamente salvaguardate in maniera specifica.

Per quanto riguarda l’art. 18, la Fnsi ritiene necessario inserire al comma 1 dopo la lettera D le rappresentanze delle parti sociali: giornalisti, editori di giornali, editori radiotelevisivi, poligrafici, stampatori, rivenditori.

Art. 22: con riferimento alle agevolazioni tariffarie postali previste dall’art. 22 si ritiene che le nuove disposizioni regolamentari, riducendo consistentemente e indifferentemente i contributi per tutte le testate diffuse a mezzo posta, possano penalizzare gravemente soprattutto le testate minori e quelle non profit.

Relativamente all’art. 23 e in coerenza con quanto affermato nella premessa di questo documento, si ritiene che i procedimenti relativi ai contributi per l’anno 2008 non possano essere compresi nel presente regolamento, ma compatibilmente con quanto segnalato nelle osservazioni a specifici punti dell’articolato, introdotti gradualmente a partire dal 2009. Ferma restando l’annotazione sull’entità dei fondi e sulla certezza di diritto concernente il loro ammontare.

Analoga considerazione viene fatta per l’art. 24 per il quale si chiede il differimento (comma 1) dell’anno (2008) considerato”.

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