La spedizione postale dei giornali è da sempre una croce, senza delizia, per gli editori. I ritardi e i mancati recapiti sono stati, infatti, sempre il più grande disincentivo agli abbonamenti, nonostante il notevole costo delle spedizioni, tra tariffe pagate dagli editori e rimborsi dello Stato. Le Poste, però, da tempo fanno molto la Banca e poco la Posta ed hanno sempre trattato questa partita con grande sufficienza; sempre molto attente, però, a garantirsi il rimborso dei contributi pubblici; e non a caso il comma 5 dell’articolo 2 del decreto legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito con legge 27 febbraio 2017, n. 19 ha previsto che “il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, per un periodo di tre anni e al fine di permettere l’ammortamento degli oneri derivanti dalle attività necessarie per fornire il servizio, provvede al rimborso a Poste Italiane S.p.A. ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del decreto legge n. 353 del 2003, nei limiti delle risorse, appositamente stanziate, disponibili a legislazione vigente”. L’Autorità per la concorrenza e per il mercato su questo emendamento ha aperto, però, un fascicolo che ha condotto l’ente guidato da Pitruzzella a muovere delle osservazioni. In particolare il ripristino delle agevolazioni tariffarie (che non coincidendo con la riduzione del prezzo pagato dagli editori, porta solo un maggior ricavo per le Poste) non può essere veicolato attraverso un solo operatore postale che si troverebbe, oggettivamente, in una situazione di vantaggio concorrenziale. Infatti, come dice l’Autorità, sulla base del D.Lgs. n. 261/1999, sono affidati in via esclusiva al fornitore del servizio universale (Poste Italiane), per esigenze di ordine pubblico, esclusivamente a) i servizi inerenti le notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, e successive modificazioni e b) i servizi inerenti le notificazioni a mezzo posta di cui all’articolo 201 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Gli altri servizi, come la spedizione dei prodotti editoriali, vengono forniti sulla base di licenza individuale o autorizzazione generale e non rientrano, quindi, nell’alveo del servizio universale. Per questa ragione gli altri operatori devono essere equiparati alle Poste nella fornitura dei servizi di recapito dei giornali, ma ciò comporta che l’agevolazione veicolata solo attraverso un vettore viola le regole della concorrenza. Ma il passaggio più interessante dell’Autorità concerne la constatazione che visto che le Poste italiane sono autorizzate a consegnare la corrispondenza, tra cui i prodotti editoriali, con tempi di consegna potenzialmente più lunghi rispetto al passato, creano così – proprio per questo tipo di prodotti – potenziali disagi sia alle imprese editoriali che ai consumatori. Il problema è stato girato al Governo e al Parlamento. Ma visto che l’azionista di riferimento è il Governo stesso c’è poco da stare tranquilli.
Enzo Ghionni