Venerdì 3 agosto il governo ha approvato il DPR sulla riforma delle professioni che contiene norme che riguardano anche l’Ordine dei giornalisti. Non ci sono norme che riguardano la struttura dell’Ordine: rimarranno i due elenchi, professionisti e pubblicisti, ai quali si continuerà ad accedere con le procedure attuali.
Ecco alcune novità contenute nel testo:
ALBI PUBBLICI (articolo 3).
Gli Albi debbono recare i dati anagrafici degli iscritti e debbono esse pubblici. Vanno annotati, si prescrive,”i provvedimenti disciplinari nei loro confronti”. Questo dovrà avvenire su base regionale. I singoli Albi vengono poi conferiti, “per via telematica e senza indugio”, al Consiglio nazionale che dovrà pubblicare l’elenco generale degli iscritti. Nulla si dice sui tempi di permanenza dell’annotazione della sanzione disciplinare, accanto al nome del sanzionato. Questo elemento, comprensibile nei tempi brevi a garanzia del rigore professionale del collega, potrebbe confliggere, ad esempio, con il diritto all’oblio che viene richiamato da non poche decisioni della magistratura.
ASSICURAZIONE.
La norma non si applica ai giornalisti che, quale che sia il rapporto che hanno con l’editore, non sono tenuti a stipularla. Si crea, tra loro e l’editore, un contratto di fatto perfino con l’offerta di un servizio da parte del collaboratore, contratto che si perfeziona con l’accettazione e la pubblicazione dello stesso.
FORMAZIONE (articolo 7).
Il Cnog è tenuto, entro un anno, a predisporre il regolamento per i corsi sul quale deve acquisire il pare “favorevole” del ministro. Il Cnog ha già, sostanzialmente onorato questo impegno ed ha trasmesso il regolamento al Ministero che si riserva un parere “vincolante” sulla autorizzazione che il Cnog dovrà, se lo riterrà utile, dare a enti o associazioni terze (comma 2) per l’organizzazione dei corsi di formazione. Ci saranno da affrontare problemi seri, perché, tra altro, la mancata formazione rappresenta per l’iscritto una violazione deontologica con conseguente apertura di provvedimento disciplinare. È previsto che le regioni “possono” concedere fondi per organizzare corsi di formazione (questo verbo ci perseguita, basta pensare al suo inserimento nella legge 150 sugli uffici stampa degli enti pubblici) ma con le attuali ristrettezze di bilancio ciò sarà problematico.
LA TUTELA DELLA DEONTOLOGIA.
Nascono i collegi di disciplina territoriali, composti da tre membri, tutti giornalisti, presieduti dal più anziano per iscrizione all’Odg mentre il più giovane ne sarà il segretario. Non si può essere membri del collegio di disciplina e del consiglio regionale territoriale. I tre membri del collegio verranno designati dal presidente del Tribunale che li sceglierà in una rosa di sei giornalisti forniti dal Consiglio regionale. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto, il Consiglio nazionale dell’Ordine dovrà stabilire i criteri in base ai quali i consigli regionali dovranno formare la rosa, con un apposito regolamento sottoposto al pare “vincolante” del ministro. Presso il Consiglio nazionale, che non avrà più competenze disciplinari, sarà costituito un collegio di disciplina, con un apposito regolamento, da approvare entro 90 giorni e che dovrà avere il “parere favorevole” del ministro. Ferma restando la incompatibilità tra funzione amministrativa e funzione disciplinare, nulla è stabilito sul numero dei membri del collegio. In base a quanto previsto dai commi 7 e 8 dell’articolo 8, i membri del collegio nazionale di disciplina possono essere scelti tra i consiglieri nazionali in carica. Fino all’ insediamento dei collegi, territoriali o nazionale, restano valide le procedure in atto.
PRATICANTATO.
Resta il registro dei praticanti tenuto da ciascun Ordine regionale e, in attesa di una riforma che stabilisca un diverso titolo di studio (la laurea) valgono le norme attualmente vigenti. Le altre previsioni non riguarderanno i giornalisti. In sintesi il praticantato giornalistico va retribuito secondo i parametri contrattuali e rappresenta un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, salvo specifiche diverse al momento dell’assunzione (cioè non si applica quanto previsto dal comma 6 dell’articolo 6). Resta confermato che il praticantato non impone, ipso facto, l’esclusiva. Occorrerà fare una riflessione sul comma 9 dello stesso articolo perché prevede che il tirocinio possa essere effettuato per un periodo non superiore a sei mesi grazie a corsi di formazione. Da una parte questo consentirà a colleghi che hanno visto cessare l’attività della loro azienda prima che siano decorsi interamente i 18 mesi (ma ne siano passati almeno 12) di completare il percorso, ma evidenzia la necessità di aumentare la pratica nei Master abilitanti.
Entro un anno dall’entrata in vigore del decreto, il Consiglio nazionale dell’Ordine, previo parere del Ministero, dovrà emanare il regolamento per la formazione dei praticanti (comma 10 articolo 6). Occorrerà verificare se si applica anche all’Odg l’ipotesi che si possa permanere nel registro dei praticanti per un massimo di cinque anni (ora sono tre).
PUBBLICITÀ DELLE PRESTAZIONI PROFESSIONALI.
Viene liberalizzata definitivamente la pubblicità informativa (articolo 4), ribadendo le disposizioni del decreto Bersani (Dl 223/2006, convertito nella legge 248/2006) e facendo propri alcuni principi evidenziati dal rapporto conclusivo dell’indagine conoscitiva 34/2009 del l’Antitrust.
A causa della formulazione letterale del comma 1 dell’articolo 4 secondo cui si può comunicare «l’attività delle professioni regolamentate», potrebbe sorgere il dubbio della legittimità della pubblicizzazione di prodotti e servizi complementari non citati nei singoli ordinamenti professionali (per esempio lo studio che eroga corsi di formazione). Da questo punto di vista appariva più calzante la legge Bersani che parlava invece di «caratteristiche del servizio offerto».
Rispetto alla legge Bersani, nella relazione ministeriale al nuovo provvedimento si precisa che la pubblicità comparativa «in senso stretto» non è ammessa. Significa, in pratica, che non si può citare esplicitamente un professionista concorrente.
Nella definizione di «pubblicità funzionale all’oggetto» che pure era stata stigmatizzata dal Consiglio di Stato, si apre il problema delle sponsorizzazioni di eventi sportivi, artistici, culturali o a scopo di beneficenza, che qualche studio “top” già da tempo effettua per motivi di immagine: adesso sarà necessario chiarire se saranno ritenuti «funzionali all’oggetto» della professione, o se invece saranno vietate.
La «preventiva verifica della pubblicità da parte degli Ordini», contenuta nel provvedimento Bersani, non compare nel testo del Dpr: questa mancanza si presta ad essere interpretata come il venir meno della possibilità di preventiva verifica della pubblicità da parte degli Ordini, che già l’Antitrust aveva ritenuto comportamento potenzialmente lesivo della concorrenza. Rimane immutato, invece, il potere di verifica ed eventuale sanzione ex post, anche se un elevato ricorso massiccio a forme pubblicitarie potrebbe rendere difficoltoso per le strutture ordinistiche la gestione del contenzioso.
Dal punto di vista delle tutele per i clienti o per i competitor, si possono individuare due canali diversi e concomitanti: quella della segnalazione all’Ordine e quella della segnalazione all’Antitrust.
Al competitor che ravvisasse comportamenti non conformi da parte dei colleghi rimane aperta secondo un recente filone giurisprudenziale anche la via dell’applicazione dell’articolo 2598 del Codice civile e delle relative azioni e rimedi anche cautelari.
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