Venerdì scorso sono state aperte al Ministero dello Sviluppo economico le prime buste contenenti le richieste dei vari operatori per l’accesso al beauty contest, con il quale verranno assegnate le sei frequenze (5 in DVB-T e 1 in DVB-H o T2) per la trasmissione in digitale terrestre. Sono dieci i soggetti che hanno presentato 17 domande di partecipazione (Canale Italia; Telecom Italia Media; Gruppo Mediaset; Sky Italia; Prima Tv; Europa Way; 3 Italia; Rai; Tivuitalia; D Box) per soli sei multiplex.
Le polemiche non si placano. La Slc Cgil afferma che il bando favorisce Mediaset, ma afferma anche che il ricorso presentato dalla Rai sarebbe velleitario. I dissidi tra Slc Cgil e Rai risalgono a dieci anni fa quando ci fu il primo tentativo di vendere le torri di RaiWay.
Siamo nel 2001 e il cda Rai fece ricorso al Tar del Lazio contro la decisione dell’allora ministro delle Comunicazioni Gasparri di bloccare l’accordo che cedeva RaiWay alla società Usa Crowne Castle. La cessione era stata approvata dal cda per fare cassa, ma le torri furono considerate un fondamentale asset strategico. Si parlò, già allora, di un ricorso votato alla strumentalizzazione politica. Nel 2010 l’ultimo tentativo di alienazione. Questa volta l’acquirente era proprio la rivale Mediaset e fu proprio l’ex dg Masi a caldeggiare la vendita. Ma il sindacato e i lavoratori di RaiWay, reagirono e RaiWay fu salva.
«Oggi, se quella condizione si fosse realizzata, l’azienda non avrebbe neanche potuto partecipare alla gara. Dismettere il bene più prezioso di un broadcaster, e cioè la rete, difficilmente non fa pensare che si stia cercando di danneggiare il servizio pubblico a favore di un noto gruppo privato. E nello stesso solco sta operando il nuovo dg, Lorenza Lei, supportata dallo stesso cda, che sta portando a compimento un progetto di annichilimento editoriale ed industriale dell’Azienda», ha affermato il sindacato.
Nel 2010 già si pensava alle ripercussioni sul beauty contest? Rimane un mistero.
Tornando alle polemiche attuali, si è parlato anche di frequenze regalate e di ingiusti favoritismi.
«Noi le frequenze le abbiamo comprate dieci anni fa, abbiamo investito 1 miliardo e poi hanno inserito un obbligo antitrust di dare il 40% delle frequenze agli altri. Con il beauty contest dovremo, infatti, restituire un multiplex che abbiamo comprato», afferma il Presidente Mediaset Confalonieri. Secondo Gina Nieri, consigliera di Mediaset, sul beauty contest ci sarebbe un dibattito confuso e strumentalizzato, «la società di Cologno Monzese ha dovuto comprare le frequenze su cui operano comprando e includendo tv locali, ha rilevato Italia 1 dall’editore Rusconi, Retequattro da Mondadori, e per poter esercitare l’attività in digitale terrestre ha dovuto acquistare tre nuovi multiplex», afferma la Nieri.
Mediaset è dunque favorita o depredata?
Di sicuro c’è il potenziale tecnico e infrastrutturale di Mediaset che possiede ben 1700 torri (circa 500 in più della Rai), fondamentali per trasmettere le frequenze. È un indiscusso monopolio, infatti anche le concorrenti devono pagare l’affitto per usufruire delle postazioni.
Per le postazioni di rete non esiste l’Antitrust?
Altra contraddizione è l’italocentrismo dell’asta che favorisce i soliti noti, estromettendo potenziali emittenti stranieri, ma permettendo alcuni accordi “sotterranei”. Il Fatto sottolinea che Prima Tv, di Tarak Ben Ammar, avrebbe rapporti con Mediaset, è uno dei favoriti per i lotti A2 3 A3.
Infine l’ultimo dubbio: il mercato televisivo si amplierà o è solo una favola?
Egidio Negri
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