Entro cinque giorni il faccendiere Valter Lavitola tornerà a essere un uomo libero. Dura tre ore la riunione tra i magistrati di Bari e Roma che indagano sui soldi versati da Silvio Berlusconi all’imprenditore Gianpaolo Tarantini, che aveva reclutato donne da portare alle sue feste e per questo era stato accusato di sfruttamento della prostituzione. E ai colleghi capitolini il procuratore aggiunto Pasquale Drago conferma che non darà alcun nuovo ordine di arresto per l’uomo che mediò il versamento di quel denaro, oltre un milione di euro tra settembre 2010 e agosto 2011.
La scelta di procedere su due binari paralleli rende evidente la difficoltà che le verifiche possano accertare che cosa sia davvero accaduto. Soprattutto tenendo conto che i due uffici giudiziari indagano sulle stesse circostanze, ipotizzando però reati diversi e soprattutto ruoli ribaltati per i protagonisti. A Roma si procede per estorsione: Berlusconi è la parte lesa, Tarantini, sua moglie Nicla e Lavitola sono i ricattatori. Tutti a piede a libero, come deciso dal Tribunale del riesame di Napoli.
A Bari si contesta l’induzione a rendere dichiarazioni false: Berlusconi e Lavitola sono i presunti mandanti, anche se il capo del governo non è stato formalmente indagato. Tarantini è la parte lesa. Il giudice di Bari dovrà revocare la misura cautelare per il faccendiere, ma potrebbe ulteriormente cambiare il quadro pronunciandosi sulla competenza. Oppure lo stesso Drago, con un’ulteriore mossa a sorpresa, potrebbe decidere che non ci sono elementi per contestare l’induzione e spedire nuovamente tutte le carte processuali a Roma, tenendo in piedi soltanto l’estorsione.
Nonostante le evidenze, Tarantini ha sempre negato di essersi sentito «sotto tutela». Anche se non ha potuto smentire come fosse stato proprio Berlusconi a scegliere i legali e provvedere al pagamento, a incaricare Lavitola di trovargli un lavoro, a versargli 20 mila euro al mese e a provvedere ad altre spese. Ma soprattutto a mettergli a disposizione 500 mila euro nella scorsa primavera usando come mediatore proprio Lavitola che alla fine decise di tenersene 400 mila. Circa un milione di euro che, dice l’accusa, Silvio Berlusconi avrebbe versato perché Tarantini non lo danneggiasse nel processo sulle escort e dal punto di vista mediatico raccontando quanto accadeva durante le feste, ma anche altri episodi che potrebbe aver conosciuto visto che con il premier ha avuto contatti pressoché quotidiani tra settembre 2009 e maggio 2010.
In quel periodo Tarantini non sapeva di essere sotto inchiesta a Bari per una storia di tangenti nel settore sanitario. Lo scoprì proprio quando il pubblico ministero ordinò una perquisizione nella sua villa e nella sua azienda. «E’ arrivata la Finanza», scrisse in un sms a Berlusconi. E le comunicazioni tra i due furono bruscamente interrotte. Sono riprese nel novembre 2010 grazie a Lavitola che dopo aver «agganciato» Tarantini lo sollecitava a mettere Berlusconi «con le spalle al muro» e intanto si faceva mediatore dei versamenti di denaro. Nell’ultimo anno Berlusconi ha incontrato una volta la moglie dell’imprenditore e due volte lo stesso Tarantini. Ma attraverso il faccendiere ha sempre provveduto al mantenimento di tutta la famiglia.
(Il Corriere della Sera)