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LAVITOLA INDAGATO ANCHE A BARI PER INDUZIONE ALLA FALSA TESTIMONIANZA

Valter Lavitola è stato iscritto nel registro degli indagati della procura di Bari per l’induzione di Gianpaolo Tarantini a dire il falso ai pm che indagavano sul giro di escort. Così ha deciso il procuratore aggiunto di Bari Pasquale Drago, ricalcando la decisione del Riesame di Napoli, che ha accusato dello stesso reato anche il premier Silvio Berlusconi. Per quest’ultimo, rivelano fonti giudiziarie, sarà disposta l’eventuale iscrizione in settimana, dopo che Drago avrà analizzato l’incartamento giudiziario. Nella procura campana, invece, l’ex direttore dell’Avanti risulta indagato per associazione a delinquere come si legge nel decreto con cui è stata disposta la perquisizione del quotidiano da lui diretto fino a poco tempo fa.
Quanto ai nuovi sviluppi baresi, Drago ha precisato che al momento «non ho dato alcuna delega investigativa alla polizia giudiziaria» e dunque gli atti investigativi, come l’acquisizione della puntata di Bersaglio mobile – in cui Lavitola ha fornito la sua versione dei fatti -, le audizioni e gli accertamenti finanziati, sono rinviati ad altro momento. Ora infatti il magistrato è concentrato sulla eventuale richiesta di misura cautelare da emettere entro il 16 ottobre.
Secondo la ricostruzione fatta dalla procura e dal Riesame, entrambi di Napoli, sia Berlusconi sia Lavitola avrebbero spinto Tarantini a fornire false dichiarazioni ai pm che indagavano sul caso escort. L’obiettivo, secondo l’accusa, sarebbe stata finalizzata a non far emergere aspetti penalmente rilevanti o politicamente “catastrofici” per il presidente del consiglio.
Intanto i pm dei tribunali di Bari, Roma, Napoli e Lecce, hanno deciso di tenere a breve una riunione di coordinamento per fare il punto sulle indagini che ciascun ufficio ha in corso sui rapporti tra il premier, Tarantini e Lavitola. Al momento sui pm di Bari insiste il filone della presunta induzione alla falsa testimonianza di Tarantini, mentre è rimasto a Roma il troncone relativo al reato di estorsione che l’imprenditore pugliese e l’ex direttore dell’Avanti avrebbero orchestrato ai danni del premier.
(Il Sole 24 Ore)

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