Editoria

L’Australia fa sul serio: farà pagare Google e Fb per le notizie

Ricordate Frankenstein jr? L’iconico urlo dello scienziato che realizza ciò che solo fino a poco tempo prima gli sembrava qualcosa di impossibile: “Si può fare!”. Ebbene, l’Australia sta dimostrando al mondo che chiedere qualcosa agli over the top di internet, tentare di far pagare loro il lavoro editoriale non soltanto è possibile teorizzarlo ma addirittura farlo, renderlo legge.

Lo ha annunciato il ministro Josh Frydenberg spiegando che il governo di Canberra imporrà ai colossi del web di trovare un accordo con i media locali per la condivisione delle notizie. La ratio di fondo è quella di tutelare il giornalismo indipendente, dunque la qualità del lavoro della stampa che deve essere a cuore a chi crede fermamente negli ideali liberali e democratici. Se i grandi player prosciugano da soli la quasi totalità delle risorse derivanti dalla pubblicità, riducendo in maniera drastica i ricavi degli editori e dunque gli emolumenti corrisposti ai giornalisti, si crea un problema di tenuta non soltanto economica ma addirittura democratica se il rischio è quello di ledere i valori del pluralismo e dell’informazione.

Chiaramente è partita la levata di scudi da parte delle big tech. Che non intendono sottostare alle scelte legittime di uno Stato sovrano quale è l’Australia. Facebook, addirittura, sarebbe pronta a oscurare tutte le notizie provenienti dai media di quel Paese. Praticamente “zittire” l’informazione di un’intera nazione pur di non scucire un centesimo. Google, invece, avrebbe assunto una posizione meno netta. Almeno nelle parole utilizzate per mostrare la sua contrarietà. Da Mountain View spiegano che l’irruzione dei costi limiterebbe e di molto la qualità delle ricerche e dei servizi erogati tanto dal motore di ricerca quanto dalla “sua” YouTube. Un oscuramento, in pratica, ma detto in modo più diplomatico e con l’aggiunta della “minaccia”: c’è rischio che i dati personali finiscano nei database dei grandi media.

Gli editori australiani, invece, hanno un’altra visione. Michael Miller, a nome dell’organizzazione di News Corp Australia, ha spiegato che è giusto corrispondere alle aziende che lavorano nell’informazione un giusto compenso per il loro lavoro. Il governo di Canberra va avanti: “Il mondo ci guarda”. E l’Australia può dimostrare che un internet più equa, come urlò quella sera Gene Wilder: “Si può fare”.

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