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L’ASTA FREQUENZE NON ANDREBBE DESERTA: LO AFFERMA MEDIOBANCA

«Pensiamo di escludere che un’eventuale asta delle frequenze andrebbe deserta. Anzi, potrebbe permettere al Governo di raccogliere almeno 1-1,5 miliardi di euro». Mediobanca, nel suo Morning News sui media, apre nuovi scenari per il “dopo” beauty contest. Il quale, peraltro, non è stato formalmente annullato, anche se il ministro Corrado Passera, parlando a titolo personale, lo ha definito “intollerabile”. Intanto Silvio Berlusconi insiste:«Io non credo che ci sia nessuno particolarmente interessato a fare investimenti per ottenere una frequenza».

Come si va avanti? Occorrerà un lavoro istruttorie da parte del Governo e dell’Agcom per rispondere atre domande. La prima è “cosa” mettere in gara? La seconda riguarda la modalità della gara e la terza i tempi del suo svolgimento. Il “concorso di bellezza” conteneva, non dichiarato, il risanamento di un vulnus: restituire a TI Media la frequenza sottratta per far approvare da tutte le tv il totale nazionale di 21 reti terrestri. «Mi aspetto almeno il risanamento del vulnus, ridandoci almeno un multiplex» ha dichiarato Giovanni Stella, ad di TI Media. Cinque frequenze, allora.

I tre principali operatori telefonici sono inquieti: hanno pagato 2,9 miliardi per frequenze “occupate” dalle tv locali, legittime assegnatarie. Ora qualcuno potrebbe vincere un’asta a base inferiore trovando le frequenze libere. Si può però vincolare l’asta, almeno per un certo periodo, all’uso televisivo di tali frequenze. H3G, ad esempio, ha offerto 500 milioni nella banda tv assegnata all’asta per la banda larga mobile, senza ottenere nulla. Perché non dovrebbe offrirne 250 per una frequenza nazionale, sia pure televisiva, all’inizio? In Gran Bretagna l’Ofcom, l’autorità nazionale, ha stabilito che ogni operatore deve avere un tetto verso l’alto ma anche uno verso il basso di frequenze per stare sul mercato.

In Italia c’è il problema delle tv locali: ci sono 170 milioni e non più 240 per risarcirle dell’abbandono delle frequenze vendute all’asta. I multiplex della nuova procedura potrebbero riservare loro un terzo della capacità trasmissiva, richiesto dalla legge per le frequenze. La Rai, poi, ha bisogno di altre frequenze e di altri canali, non facendo la pay tv. C’è chi propone di riservare la gara agli operatori di rete che non siano editori di contenuti, per aprire il mercato a soggetti europei.

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