In pochi anni Google potrebbe assumere il monopolio totale dell’advertising digitale: è quanto afferma Martin Sorrel, patron di Wpp, leader mondiale nelle comunicazioni di marketing. Secondo Sorrel, l’Antitrust americana e quella italiana, ma anche la stessa Unione Europea e la Federazione degli editori (specie quelli tv, Murdoch in primis) sarebbero seriamente minacciati dalla continua ascesa del colosso di Mountain View nel comparto della pubblicità on-line.
E, in effetti, a voler dar retta ai dati, ci si accorge come questi parlino chiaro: nel solo 1° trimestre del 2013, “Big G” ha incassato, in termini di ricavi pubblicitari, qualcosa come 14 miliardi di dollari, facendo registrare una crescita del 31% rispetto allo stesso periodo del 2012, pari a 3 miliardi di dollari.
La mancanza di normative chiare, i ritardi nel campo delle strategie imprenditoriali, hanno lasciato campo libero a colossi come Google, Facebook, Twitter che, sempre secondo Sorrel, sono diventate, ormai, delle vere e proprie “media company”, mascherate da società tecnologiche.
Inevitabile, a questo punto, che politici ed editori iniziassero a capire che era giunto il momento di fare la voce grossa: i primi hanno puntato il dito sulla questione dell’elusione fiscale di cui i big del web non sembrano essere immuni. Perfino il G8, lo scorso mese di giugno, ha chiesto che Google e le altre web company fossero sottoposti a un peso fiscale più esoso nei Paesi in cui operano. Dall’altra parte, la Federazione degli editori preme e sta premendo per trovare soluzioni vantaggiose sulla delicata questione del diritto d’autore (come già successo in Francia).
Ma c’è un’altra preoccupazione, sollevata dal presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella e ripresa da Sorrel, sulla possibilità che, nel giro di pochi anni, Google possa diventare “monopolista” assoluto nel mercato della raccolta pubblicitaria. Sull’argomento è intervenuto anche Vittorio Brunori, CEO di Optimedia (la 3° agenzia pubblicitaria del Belpaese) secondo il quale, sarebbe a rischio tutto il futuro delle concessionarie che, con l’avvento delle piattaforme digitali intese come nuovo veicolo promozionale, si starebbero trasformando nell’anello debole della filiera.
Sempre secondo Brunori, la tecnologia digitale sta progressivamente riducendo la necessità di risorse professionali nella fase di intermediazione tra investitori e media. Un po’ quello che sta facendo Google che ha scelto di servirsi, sempre più, di AdSense, il “programma perfetto”, non solo perché è la piattaforma più grande ma perché ha praticamente di tutto: traffico, clienti ed inventory (spazi disponibili). Insomma, di questo passo, la figura storica dell’agente si avvierà mestamente sul viale del tramonto.
Effettivamente ci sono colossi pubblicitari come Procter&Gamble che investono cifre considerevoli sul web e, anche secondo Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, la tv è il settore più insidiato dall’ascesa dell’advertising digitale, anche più della carta stampata. Basti pensare, aggiunge Confalonieri, al “travaso di spettatori” dalla Tv a Youtube (ancora Google!) che dichiara 20 milioni di utenti (sebbene l’Auditel non riporti questo dato) con conseguente “travaso” anche di risorse. Tanto per fare un esempio, la Rai riceve più soldi da Youtube di quanti Sipra, la sua concessionaria pubblicitaria, riesce a raccoglierne nel portale ufficiale.
Pertanto, conclude Martin Sorrel, il pericolo reale è un altro: tra pochi anni, Google potrebbe avere nelle sue mani non solo il budget, ma anche le aziende sue clienti.
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