L’Antitrust manda gli ispettori alla sede di TikTok

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L’Antitrust apre un’istruttoria contro TikTok. Al centro della vicenda c’è la challenge della cosiddetta “cicatrice francese”, la sfida social a chi si “sfregia” il viso procurandosi lesioni e lividi a favori di follower. L’autorità garante per la concorrenza e il mercato ha deciso di scrivere alla società TikTok Technology Limited, che ha sede per l’Europa in Irlanda, per chiedere conto e ragione dei contenuti autolesionistici che stanno diventando virali sulla piattaforma.

L’Antitrust contesta a TikTok la mancanza di “adeguati sistemi di monitoraggio” sui contenuti “pubblicati da terzi”. In parole povere, non c’è chi controlla cosa viene rilasciato. Per di più, al social cinese viene rimproverato di aver omesso l’applicazione delle sue stesse linee guida che impongono un intervento immediato di rimozione e censura sui contenuti che istigano a “sfide, suicidio, autolesionismo e alimentazione scorretta”.  La vicenda è delicatissima. Nel mirino dell’authority c’è anche il sistema di promozione e l’algoritmo. In particolare, il riferimento è all’algoritmo sotteso “al funzionamento della piattaforma che, adoperando i dati degli utenti, personalizza la visualizzazione della pubblicità e ripropone contenuti simili a quelli già visualizzati e con cui si è interagito attraverso la funzione like”. Inoltre l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con l’ausilio del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza, ha svolto un’ispezione nella sede italiana di TikTok.

Nelle prossime settimane potrebbero arrivare novità. Intanto l’apertura di un’istruttoria arriva a distanza di poco tempo dalla decisione del governo di voler prendere in considerazione l’idea di “staccare” TikTok dal cellulare dei dipendenti pubblici. Il tema riguarda i dati e la possibilità che possano essere intercettati e ceduti al governo cinese. Il braccio di ferro, dunque, è servito.

Ma non è la prima volta che TikTok finisce nel mirino per la gestione dei suoi iscritti più piccoli. Due anni fa, il garante per la privacy aveva disposto “il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica”. L’annuncio in una nota. La reazione dell’authority era arrivata dopo il drammatico caso di cronaca che aveva scosso le coscienze in Italia: una bambina di appena dieci anni era morta a causa di una sfida folle e criminale, quella di stringersi una corda o una cintura attorno al collo fino al massimo della propria resistenza. Una vera e propria istigazione se non al suicidio quantomeno all’autolesionismo più assurdo.

 

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