L’ANDROID MARKET DETTA REGOLE “COMUNI” AGLI SVILUPPATORI DELLE APP

0
465

Si chiama Android Design ed è il nuovo sito su cui reperire le best practices mediante cui uniformare lo stile delle applicazioni per il sistema operativo di Google.
L’obiettivo è quello di ovviare al rischio di frammentazione a cui un software di tipo open source come quello Android è inevitabilmente esposto. Le istruzioni, elargite al plotone di volontari della programmazione al servizio di Big G, valgono tanto per l’universo tablet quanto per quello smartphone al fine di unificare le esperienze d’uso a prescindere dal tipo di schermo, dal marchio del dispositivo nonché dal grado di performance dei device supportati.
La parola d’ordine sembrerebbe essere “omologazione” e tocca tutti gli aspetti del design delle singole applicazioni: dall’assetto generale dell’interfaccia in termini di stile (colori, temi, feedback touch, iconografia e font) fino alle impostazioni di layout, navigazione, gestures, notifiche e compatibilità.

«Uno strumento a disposizione degli sviluppatori», stando alla definizione data dal responsabile della divisione User experience per mobile, Mattias Duarte, e valido solo per il sistema operativo Android 4.0 Ice Cream Sandwitch. Alla rivista Wired.com Duarte ha inoltre ribadito che «All’interno delle linee guida ci sono cose che riteniamo identificare inequivocabilmente il modo in cui fare Android». Parole che lascerebbero presagire l’applicazione di una policy di gestione dell’Android Market più oculata anche se lontana da quella vigente nell’App Store della Mela che ha fatto di iOS una sorta di “Bibbia”, tra licenze e concessioni d’uso, a cui convertire le singole applicazioni.
Su questo punto, lapidario è il presidente di Google Eric Schmidt: «Frammentazione significa che l’app gira su un dispositivo e non sugli altri. Non è quello che sta accadendo ad Android», ribadisce l’ex Ceo in un’intervista rilasciata alla rivista Cnet.
Lecito è però dedurre che Google intenda fare di tale differenziazione anche uno scudo di protezione dalle battaglie legali sferrate da più lati sul fronte brevetti.
L’ultima sconfitta in ordine di tempo è la sigla con Microsoft di un accordo di licenza da parte di LG, produttore di tablet e smartphone con sistema operativo Android. Redmond ne ha già “estorti” undici negli ultimi mesi, annoverando già tra le fila dei “patteggiatori” nomi come Compal, Samsung, HTC, Wistron, Quanta, Acer e General Dynamics Itronix, che hanno preferito riconoscere la paternità dei brevetti Microsoft al momento estesa a più del 70% dei dispositivi Android e Chrome venduti negli Usa.
Così anche i dispositivi LG dovranno pagare la “tassa” per le royalties su ogni pezzo venduto (oscillante tra i 4 ed i 6 dollari). Goldman Sachs ha già stilato un pronostico sui guadagni di Microsoft incassati sulle spalle di Google e pari a 444milioni di dollari per l’anno fiscale 2012. Vale a dire solo fino a giugno di quest’anno.

Sembra proprio che i 217 brevetti passati dalla Ibm a fine dicembre a Big G (di cui 188 registrati e 29 pendenti) facciano parte di un piano di difesa approntato da Google e volto a blindare Android dato che il Patent and Trademark Office Usa ha fatto sapere si tratti di proprietà intellettuali inerenti proprio internet e la telefonia mobile. A questi si aggiungano anche le migliaia di licenze acquisite con Motorola Mobility quest’estate a fronte di un investimento pari a 12 miliardi di dollari. Certo è che la strada per Google risulti ancora lunga e tortuosa visti i successi legali ottenuti sul lato royalties da Apple contro Samsung ed Htc produttori di dispositivi Android, a fronte di 676 brevetti depositati dalla Mela nel 2011.
Differenziare l’ecositema aperto di Android da un lato e tutelarsi sul fronte delle licenze dall’altro sembrano essere le due facce di una mission obbligata per il team di Mountain View nel lungo periodo.

Manuela Avino

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome