“Esistono troppe leggende sui media indipendenti russi. Non è vero che sono solo due o tre e che noi giornalisti siamo sottoposti a torture medievali. Ci strozzano con l’economia, facendoci mancare i fondi per sopravvivere”. Lo scrive Michele Cassano, inviato dell’Ansa al Festival del giornalismo di Perugia, raccogliendo l’allarme lanciato da Oliver Carroll, direttore della sezione russa del network openDemocracy.net, ospite alla kermesse umbra, insieme ad altri reporter attivi nel contrastare lo strapotere delle tv statali controllate dal Cremlino e dei giornali degli oligarchi russi.
Tra loro, riporta Cassano nel suo servizio: seppur collegata via Skype, anche Natalia Sindeeva, fondatrice di Tv Rain, il primo canale a trasmettere senza sosta le proteste nate a ridosso e continuate dopo le elezioni dello scorso anno, che hanno portato Vladimir Putin per la terza volta alla presidenza.
“Domani (oggi per chi legge, ndr) è il nostro terzo compleanno, un traguardo straordinario – racconta Sindeeva -. All’inizio non volevamo trasmettere news, ma contenuti più idonei, anche per i bambini, rispetto a quelli spesso violenti dei media statali.
Poi ci siamo resi conto che la gente era interessata soprattutto ad avere notizie attendibili ed abbiamo trasmesso tg, anche se con scarsi mezzi, il più possibile rigorosi”. Il primo colpo al Cremlino è stata la lettura della Costituzione in tv.
“Ha scatenato un vespaio, perché il potere si rendeva conto che il testo non veniva rispettato”, prosegue Sindeeva. Sono cominciate le telefonate e le visite degli emissari dell’allora presidente Dmitrij Medvedev, poi intensificatesi nel corso delle proteste di piazza del 2011 e 2012, quando la rete ha esposto come logo il nastro bianco simbolo dei moti.
“Tentavano di convincerci ad allentare la pressione, ma non ci siamo fermati – prosegue -. Cerchiamo di ponderare i fatti, ospitiamo sia membri dell’opposizione che del governo. Da un anno siamo tranquilli, potremmo dire che esiste libertà di parola in questo momento”.
Il clima però potrebbe cambiare da un momento all’altro, in una realtà che ha visto tanti giornalisti vittime di omicidi o aggressioni negli ultimi anni. “La situazione potrebbe degenerare anche domani – avverte Carroll -, ma per il momento le difficoltà sono principalmente economiche. Gli inserzionisti non investono sui media indipendenti, non so se perché minacciati o per convenienza”. Una speranza – emerge dal panel moderato da Marcello Greco del Tg3 – nasce dalla rete: la tv resta il mezzo più seguito, ma internet cresce tra i giovani e controllarlo è più difficile rispetto ai media tradizionali. Proprio dal web è emersa la figura di Alexei Navalny, il blogger anti-Putin che ha annunciato di volersi candidare alle presidenziali e ora rischia 10 anni di carcere per un’accusa di appropriazione indebita che lui definisce inventata.
“E’ stato uno dei leader delle proteste – spiega Maxim Trudolyubov, del quotidiano Vedomosti -. Questi leader dicono di non voler entrare nel gioco politico. Somigliano un po’ a Beppe Grillo, ma sbagliano perché così non cambieranno mai le cose”. “Navalny mi piace, è molto attivo sui social network – aggiunge Svetlana Reiter, che lavora a Mosca per più testate -, ma lui stesso ha detto di avere il sostegno di 1-2 milioni di persone. Troppo poche. Poi sulla tv di stato è dipinto come un rivoluzionario che porterebbe solo caos e indigenza”.
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