La decisione del Tar Lazio di rimettere alla Corte la valutazione sulla costituzionalità del Regolamento adottato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in tema di contrasto alle violazioni del diritto d’autore è, a dir poco, scontata. Non occorre essere finissimi giuristi per capire i limiti di un testo legislativo che viene emanato da un soggetto che, poi, da solo, lo applica e, successivamente, giudica sulla sua applicazione. Ci vorrà tempo perché la Corte costituzionale decida, perché in Italia ci vuole sempre tempo perché qualcuno decida, e, intanto, il testo rimarrà in vigore; probabilmente anni. Un testo, quello del Regolamento, che si caratterizza per una forte impronta conservatrice, il mercantilismo del ventunesimo secolo, in netta contrapposizione culturale con quella cultura di tutela del mercato cui si dovrebbe ispirare l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Se il pluralismo e l’accesso ai contenuti richiedono aperture, bande larghe, anzi larghissime, argomenti di cui nessuno si occupa, la risposta è prevedere poliziotti e finanzieri per chiudere, limitare accessi, sanzionare, carte su carte, anche se telematiche, sempre carte sono. Procedimenti, ingiunzioni, ricorsi, vessazioni per contrastare la pirateria on line, questo lo slogan, in realtà la condivisione dei contenuti da parte degli utenti. E’ il segreto di Pulcinella che il regolamento è stato voluto dalle grandi aziende dell’industria audio cinematografica che, spalleggiata dagli autori più importanti, e conseguentemente ricchi, cerca nei divieti un modo per recuperare dei margini di redditività che non esistono più per le modifiche delle abitudini della domanda. Introdurre una tassa sulle memorie digitali per retribuire un, presunto, utilizzo dei contenuti significa indirizzare risorse, importanti, verso la Siae e, conseguentemente, editori ed autori; è una decisione economica, condivisibile o meno. Ma limitare la libertà di accesso e di navigazione dei cittadini , con lo spauracchio dei pennacchi, un’altra cosa. Confondere potere legislativo, esecutivo e giudiziario, un’altra ancora. Deciderà, poi, la corte costituzionale. Tra qualche anno.
Giannandrea Contieri