L’Agcm e il Decreto Cresci Italia fra leggi di mercato e nuove competenze legislative

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antitrustL’Antistust, per l’art. 62 della n. 27 del 2012 – c.d. “Cresci Italia” – ha acquisito dei poteri di accertamento e di sanzionamento dei comportamenti contrattuali abusivi intercorrenti nell’ambito della filiera agroalimentare. La legge impone delle rigidità, a tutela delle parti deboli del rapporto – in genere dei piccoli centri di distribuzione agricola -. Ad esempio, prescrive forme scritte alla pattuizione contrattuale e vieta le regolazioni abnormemente squilibrate a favore della parte più forte – in genere, la grande distribuzione alimentare -. Inoltre, impone più stretti termini di pagamento delle forniture e vieta la deviazione dai criteri generali di correttezza e di buona fede. Il fine è tutelare la trasparenza e la certezza giuridica nei rapporti negoziali e sanzionare pratiche commerciali scorrette nello svolgimento dei rapporti, per l’asimmetria delle forze contrattuali delle parti contraenti.Nonostante la proficuità delle relazioni tenute con il Ministero dello sviluppo economico, manca ancora la completa attuazione della disciplina relativa al c.d. di rating di legalità – normata dall’art. 5 ter del decreto legge n. 1/2012, di cui già l’Autorità ammoniva la produzione a singhiozzo della regolamentazione secondaria -. Un target positivo all’impresa segue l’accertamento dell’assenza di provvedimenti giurisdizionali a carico, oltre che nei confronti degli organi interni e rappresentativi, nonchè la verifica positiva di una serie di comportamenti virtuosi. Manca ancora, per quei silenzi ministeriali, la definizione degli effetti giuridici seguenti all’attribuzione di un rating positivo alle imprese richiedenti, che consenta di tracciare i termini di una via preferenziale nel mercato, sia in ordine agli affidamenti di servizi della pubblica amministrazione e di concessione di finanziamenti pubblici che in ordine all’accesso al credito bancario. Una volta a regime, la completa definizione di un meccanismo premiale seguente al riconoscimento di un rating positivo, consente la promozione di una via alternativa a quella repressiva dei comportamenti illeciti, dissestata e di complicata attuazione per le note difficoltà di accertamento giudiziale. Il fine sta nel consolidare vie di accesso al mercato preferenziali per le imprese dotate di rating positivo, piuttosto che mirare a punire l’operatore economico difforme dagli schemi legali di liceità. Si tratta di una inversione culturale già adottata dal legislatore, che ha prefigurato l’economicità di un approccio fondato sulla prevenzione e sulla certificazione, di cui l’Autorità costituisce un presidio di frontiera per le nuove competenze attribuite, in luogo di quello di tipo squisitamente sanzionatorio. Più nello specifico, sia la certificazione dell’Autorità che l’adozione di un modello d’impresa ex d.lgs. n. 231/2001 – che ormai la giurisprudenza reputa decisiva al fine di esentare l’impresa da un giudizio di responsabilità amministrativa -, hanno mutato la prospettiva strategica per la tutela di un mercato limpido e corretto: dal “punire l’illecito”, diseconomico e proceduralista, all’”agevolare chi attua comportamenti leciti”, mediante forme di certificazione e di promozione dei comportamenti virtuosi.

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