La censura al monologo di Antonio Scurati è una grave tegola sulla credibilità del Governo. Il vero problema è che il premier è circondato male, ma proprio male. Scurati è uno scrittore di successo, molti italiani leggono i suoi libri ed è pacifico che un suo intervento per un giorno come il 25 aprile possa destare interesse ed alimentare, comunque, il dibattito. Il monologo di Scurati è banale, pieno di imprecisioni storiche, di approssimazioni; è orientato da una sola parte e con il palese obiettivo di dissentire dal posizionamento storico del Presidente del Consiglio dei Ministri. Ma il dissenso è sempre legittimo e l’apertura di un dibattito sereno sulle dichiarazioni di Antonio Scurati sarebbe stato sicuramente interessante. E invece no, qualche papavero della televisione di Stato, pensando di fare cosa gradita al Presidente Meloni, ha vietato l’intervento mettendo in difficoltà tutto il Governo su un tema, quello del pluralismo, estremamente sensibile in questo momento anche per l’atteggiamento, generale, dell’esecutivo nei confronti dell’intero comparto dell’informazione. Il premier ha provato a metterci una toppa, pubblicando integralmente il monologo di Scurati sui social network ma era troppo tardi. E la giustificazione dell’annullamento del contratto, il compenso di 1.800 euro pattuiti, è irricevibile, manco Vito Crimi sarebbe arrivato a questo. Perché a questo punto l’argomento dovrebbe diventare il compenso che tutti gli ospiti ai programmi della Rai percepiscono per la loro presenza, comparandoli. Questa sarebbe la statura per il peggiore populismo, quello che fece la fortuna del movimento cinque stelle e che oggi demarca la linea di confine tra il Presidente Meloni ed il suo vicepremier Matteo Salvini. Il vero punto è che oggi l’approssimazione e l’assenza della cultura del confronto di una parte dell’alta dirigenza della Rai e delle istituzioni deputate a garantire il pluralismo hanno creato una vera e propria emergenza. Non per un disegno politico ma per ignoranza. Molto pericolosa.
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