La vera magia di Sanremo: svelare l’ipocrisia pseudointellettuale (e sempre uguale) degli italiani

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Una volta all’anno, per poco più di una settimana, l’Italia diventa nazione di finissimi intellettuali.

Durante il festival di Sanremo nei principali circoli culturali del Paese, bar, facebook e twitter, si ode intenso il richiamo al massimo rigore intellettuale. Il gotha culturale del Paese impreca contro la trasmissione popolare che mortifica l’intelligenza e stordisce le coscienze; la decadenza del mondo occidentale nasce e finisce annualmente sulla riviera ligure nella prima settimana di febbraio; ogni anno.

Urla, imprecazioni, moniti per tornare alle sudate carte, agli intensi studi di chi da sempre affolla i suddetti circoli circolari. Come si fa a vedere questo programma, si chiedono i più; un mondo di decerebrati, dicono gli altri. All’unisono la reazione del circolo è quello di spegnere, indignati, la televisione, che per poco più di una settimana perde la valenza sociale dei contenuti proposti.

I dottissimi italiani finalmente tornano agli amati studi: chi confronta la classica traduzione dell’Ulisse di De Angelis con quella recente del buon Celati; chi sdraiato in poltrona si gode l’attualità di Sostakovic; chi approfondisce la dimostrazione del teorema di Fermat; chi elabora nuove teorie sui quanti. Tutti fieramente indignati per la lurida teppaglia che per qualche sera si guarda il festival di Sanremo. Viva Pippo Baudo.

Enzo Ghionni

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