Nel 2008 iniziarono le proteste delle emittenti locali per danni alla concorrenza e conflitto d’interesse. Poi il metodo di rilevazione e la governance spaccarono il cda. Nel 2011 l’Agcom liquidò la società. Oggi l’Autorità cerca di crearne nuove soluzioni, ma i dubbi rimangono.
Facciamo un po’ di storia. L’indagine Audiradio è nata nel 1988 su iniziativa dell’Upa (Utenti pubblicità associati) per rilevare gli ascolti radiofonici e meglio gestire le iniziative pubblicitarie. Una sorta di Auditel per le radio. Audiradio rilevava i dati di circa 300 emittenti: 5 Rai, 18 nazionali private e ben 270 locali.
La società era composta in ugual modo da emittenti e investitori pubblicitari e rilevava i dati di ascolto delle stesse emittenti per indirizzare gli investimenti dei pubblicitari. Un cerchio chiuso e autoreferenziale. Le premesse per i conflitti d’interesse c’erano già all’inizio.
La travagliata storia di Audiradio inizia a fine 2008 quando Antonio Diomede, presidente della Rea, Radiotelevisioni europee associate, associazione che raggruppa 420 emittenti locali, sollecitò l’Antitrust per aprire un fascicolo contro Audiradio. Sotto accusa la «decisione di scartare dalla pubblicazione dei dati quelle radio che, secondo il discriminante metodo di Audiradio, non riescono a raggiungere almeno 30 casi di ascolti nel giorno medio». La Rea minacciò di uscire da Audiradio e di chiedere un risarcimento di 100 milioni di euro. «Per quanto ci riguarda abbiamo le idee ben chiare sugli argomenti da sottoporre alla valutazione dell’Antitrust. Conflitto d’interessi, turbativa e distorsione del mercato della pubblicità, pubblicità ingannevole, metodologia empirica nella rilevazione, confusione dei marchi e la discriminazione nella pubblicazione delle classifiche d’ascolto sono gli elementi che danneggiano il conto economico delle piccole e medie emittenti locali. Chiederemo con forza che Audiradio non si occupi più delle indagini di ascolto delle emittenti locali ma che sia l’Agcom a farlo, o un altro soggetto super partes. Le emittenti locali che si ritengono danneggiate da Audiradio sono seriamente intenzionate a proseguire la vertenza in sede di giustizia civile», affermò la Rea. L’Antitrust intervenne ad inizio 2009 mentre l’Agcom temporeggiò.
Nel maggio del 2009 la questione sfociò in Parlamento. L’onorevole Renato Farina mise in evidenza il conflitto d’interesse tra Audiradio e le principali agenzie pubblicitarie.
«E proprio in una fase di grave crisi si adotta un criterio per individuare gli ascolti, che fa sì che la grandissima parte delle radio locali risulti avere ascolti zero. Mi chiedo allora se tutto ciò non insinui un certo dubbio sulla presunta scientificità di queste rilevazioni. Di certo mostra un conflitto di interessi che, in questo caso, è palesemente nocivo per i soggetti deboli», dichiarò Farina secondo cui doveva essere la stessa Agcom a curare le rilevazioni degli indici d’ascolto. «Invece accade che, senza alcuna trasparenza, senza una gara o un concorso pubblico sottoposti al principio della libera concorrenza, una società di fatto monopolistica prende possesso di questa attività, e l’Agcom lascia tranquillamente fare», precisò Farina.
Tuttavia non furono le proteste delle radio locali o l’accusa del conflitto d’interessi le cause della liquidazione, ma una guerra intestina tra le maggiori emittenti, sulle modalità di rilevazione degli indici d’ascolto, che culminò con il rifiuto dell’approvazione del bilancio 2010.
C’è da precisare che fino al 2009 il sistema si basava su interviste telefoniche fatte su un campione di 120 mila ascoltatori, il cosiddetto metodo Cati (computer aided telephonic interiew). La tecnica non fu giudicata attendibile.
Fu introdotta la modalità “diario”. Si trattava di un campione più limitato, di 15 mila unità, a cui affidare la compilazione delle proprie preferenze nelle 2-3 settimane. La metodologia andava bene per le radio nazionali, ma non per le tante emittenti locali.
Nel 2010 si decise di spezzettare l’indagine: il “diario” per le radio nazionali; le interviste “Cati” per quelle locali. Due pesi due misure. Anche la via di mezzo fu contestata da alcune grosse emittenti.
Si formarono due blocchi contrapposti: i “pro-diario” (R101, Radio24, RadioRai) e i “pro-Cati”(Rtl, Rds, Kiss Kiss, Radio Italia, Virgin, Monte Carlo e il gruppo Finelco).
Fu scontro in cda. Le rilevazioni cessarono. Audiradio non riuscì ad indicare una metodologia di transizione. Per questo stallo tre soci, Rtl, Rds e Finelco si rifiutarono di approvare il bilancio del 2010. Le rilevazioni cessarono. Nel luglio dello scorso anno l’Agcom ha messo in liquidazione Audiradio.
In base alla legge249 del 1997 l’Autorità deve monitorare le trasmissioni radiotv rilevandone gli indici d’ascolto e diffusione o deve vigilare sulla correttezza delle indagini fatte da altri soggetti.
Ecco che l’Autorità si sta dando da fare per imbastire una nuova modalità di rilevazione dati.
La nuova società, che potrebbe nascere tra sei mesi e pubblicare i primi dati nel 2013, sorgerebbe dalle ceneri della vecchia Audiradio. Il cda era e sarebbe tutt’ora diviso in parti uguali tra emittenti private, Rai e associazioni degli investitori, come l’Upa. La presenza degli investitori pubblicitari sarebbe foriera di un conflitto d’interessi. L’Upa sarebbe un «elemento di casta, un’associazione smodatamente a favore della tv, a cui va il 57% degli investimenti pubblicitari», spiega Caludio Astorri, fondatore di Rtl 102.5 e ideatore di Radio 24.
La Rea, che si opponeva nel 2008, si oppone ancora. Triste presagio. Secondo la Rea se le indagini d’ascolto venissero svolte dagli stessi soggetti sottoposti al rilevamento (com’è accaduto con Audiradio), ci sarebbe il rischio di conflitto d’interesse. Diomede, il presidente della Rea, ha preannunciato un’interpellanza a Monti e Passera per avere chiarificazioni.
Intanto tra dubbi e timori l’Agcom il 26 gennaio del 2012 ha avviato una consultazione pubblica e un tavolo tecnico per cercare una soluzione.
Il 7 marzo si è riunito il tavolo tecnico. Erano presenti le radio nazionali, le associazioni delle radio locali e le agenzie di pubblicità.
Per la metodologia si va verso una nuova rilevazione che tenga conto anche delle nuove piattaforme come smart phon, web, tv digitale, satellite.
Non manca una speranza denominata Radio Monitor. Si tratta di una ricerca Gfk Eurisko che in primavera proverà a dare gli indici d’ascolto al mercato pubblicitario. L’indagine si basa sia sul metodo Cati che su apparecchi meter (simili a quelli di Auditel).
Anche le radio nazionali come Rai, Radio24 e R101 non sono convinte, ma l’Agcom non è intenzionata a temporeggiare. Se non ci sarà un’intesa l’Autorità incaricherà una società esterna in base a «rigorosi criteri di trasparenza».
Egidio Negri