LA STORIA DI UNA DONNA E LE NUOVE FRONTIERE DEL GIORNALISMO ON-LINE

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Come può una donna con il suo blog superare per accessi un colosso dell’informazione quale il sito del New York Times? È quanto è riuscita a fare Arianna Huffington. E adesso promette di debuttare in Europa lanciando ben 14 edizioni del suo seguitissimo blog dedicate ai Paesi del vecchio continente.
Origine greche (è nata ad Atene nel 1950) e ambizione tipicamente americana per questa donna trapiantata prima all’Università di Cambridge per gli studi d’economia e poi sbarcata negli Stati Uniti dove sposa Michael Huffington, ricchissimo petroliere repubblicano. Del marito ha conservato il cognome anche dopo il divorzio per una questione di visibilità.
L’Huffington Post nasce nel 2005 e un anno dopo attira già un flusso di 500.000 lettori, tanto da attirare l’attenzione di AOL, il più grande internet service provider del mondo. Da allora, dopo l’accordo con AOL, il blog di Arianna non fa che macinare successi: nel febbraio 2010 viene venduto ad America On Line per l’esorbitante cifra di 315 milioni di dollari mentre nel giugno 2011 arriva a 200 milioni di utenti superando addirittura il New York Times per numero di accessi unici.
Arianna già nel 2005 aveva intravisto la potenzialità dell’informazione in rete: il segreto del suo HuffPo è sicuramente l’interattività, la discussione con gli altri, la possibilità di commentare le notizie, prendervi parte, “entrarvi” usando un’espressione cara a questa greca che ha rivoluzionato l’editoria made in USA. Anche ora che il suo blog è diventato un colosso, resta sempre il rapporto diretto con la comunità dei lettori che lo aveva caratterizzato fin dalla prima versione sperimentale. E ora? «I social media avranno un forte impatto anche sull’informazione: non ci sarà più differenza tra la vita online e quella offline per cui il lettore vorrà trovare in rete la stessa empatia della vita di tutti i giorni» giura Arianna. Intanto però non ci sta a passare per la liquidatrice della carta stampata: sostiene, infatti, che non saranno le nuove tecnologie ma piuttosto il crescente bisogno di partecipare alle notizie a decretare la fine all’era dei giornali su carta.
Francesco Amato

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