I giornalisti dei quotidiani britannici sono convinti che la loro gamma di giornali sia capace di raggiungere ogni segmento della popolazione, dai lettori del Daily Star che vogliono foto sexy e scandali sessuali fino al Financial Times con i suoi articoli austeri ricchi di fatti e le sue analisi e commenti. Diversità in termini di mercato significa (secondo questa visione autocelebrativa) che i quotidiani, il “quarto stato”, possono rivendicare di rappresentare l’intera popolazione. Altri Paesi – Francia, Spagna, Italia e Stati Uniti – magari hanno buoni quotidiani, ma non hanno i tabloid. E i tabloid britannici si considerano la voce del popolo.
Fino agli Anni 70, in parte era vero. Ma quando il Sun nel ‘69 passò sotto il controllo di Rupert Murdoch fu trasformato in un giornale dove sesso, show business e scandali la facevano da padrone. Per poter impostare un giornale su sesso e celebrità bisogna
disporre di informazioni sulla vita privata delle star e negli ultimi quarant’anni l’invasione della vita privata è stata sempre più spudorata. La pressione per trovare storie ha spinto ad assumere investigatori privati che sono riusciti a intercettare le chiamate di principi, vip e politici. Una stampa popolare che si allontana sempre più dal ruolo di cane da guardia dell’opinione pubblica e appare, invece, come una minaccia per i diritti umani più che un baluardo dei medesimi.
Il patto faustiano stretto con l’industria dello spettacolo e con gli scandali per un po’ ha funzionato, ma ora – come in tutti i patti con il diavolo – bisogna pagare il prezzo. E come in tutti i patti con il diavolo, questo prezzo comporta una discesa agli inferi. I tabloid britannici, che si consideravano l’invidia del mondo intero, sembrano ormai più degradati di quei personaggi pubblici di cui amano descrivere le malefatte.
È un degrado da cui forse non si risolleveranno più.
John Lloyd (Repubblica)
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