La riforma editoria riparte dal Senato. Il 13 settembre in Aula

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Il testo deve essere approvato dal Senato per poi tornare nuovamente a Montecitorio. Numerose le modifiche che Palazzo Madama ha apportato al testo approvato dalla Camera: tra queste la previsione di comprendere tra i destinatari del sostegno pubblico anche le radio e tv locali; la decisione di portare a 60 il numero dei componenti dell’Ordine nazionale (fissati a 36 alla Camera); la reintroduzione della distinzione tra testate nazionali e locali nel rapporto tra venduto e distribuito, per accedere ai contributi (20% per le nazionali, 30% per le locali); la riduzione a dieci anni della durata della concessione del servizio pubblico.
Secondo quanto riportato da Ansa, il ddl sull’editoria rivede le fonti di finanziamento del cosiddetto fondo per l’editoria: ad alimentarlo saranno, infatti, non solo le risorse statali destinate all’editoria (quotidiani e periodici) ma anche quelle per le emittenti locali. Previsto, inoltre, l’utilizzo fino a 100 milioni di euro all’anno per il periodo 2016-2018, derivanti dalle eventuali maggiori entrate derivanti dall’introduzione del canone Rai in bolletta e un contributo di solidarietà da parte dei concessionari di pubblicità su tv e stampa (lo 0,1% del reddito complessivo annuo). Il decreto delega anche il governo a ridefinire i beneficiari del Fondo. Tra questi potranno esserci le cooperative giornalistiche e gli enti senza fini di lucro, ma non i giornali di partito. Ulteriori requisiti riguardano il corretto adempimento degli obblighi derivanti dai contratti di lavoro e l’edizione della testata in formato digitale. L’ammontare del contributo dipenderà dal numero di copie annue vendute e dagli utenti unici raggiunti, oltre che, in base a un emendamento della commissione Bilancio, dal numero di giornalisti assunti. Infine, il governo dovrà stabilire criteri più stringenti per il ricorso ai prepensionamenti dei giornalisti e nuove regole per il funzionamento dell’Ordine dei giornalisti.

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