La Regione siciliana ha comunicato ai 21 giornalisti licenziati nei giorni scorsi che dovranno restituire buona parte dello stipendio di novembre. Secondo la funzione pubblica, che ha inviato una lettera, firmata dai dirigenti Maria Grazia Giuffrida e Mirta Guerrera, i redattori dell’ufficio stampa, che avevano tutti contratti da caporedattore, sarebbero decaduti dalle loro funzioni il 10 novembre, giorno in cui si è insediato il presidente Rosario Crocetta, facendo leva sulla sentenza della Corte dei conti che stabilisce come fiduciario il loro rapporto con l’amministrazione.
La lettera di licenziamento, tuttavia, è stata notificata ai giornalisti il 6 dicembre. Dal 10 novembre al 6 dicembre i giornalisti si sono presentati regolarmente al lavoro firmando comunicati stampa e partecipando alle conferenze convocate dal governatore, poiché in quel periodo non avevano ricevuto alcuna comunicazione ufficiale. E’ stata la stessa funzione pubblica, che adesso li informa che dovranno restituire parte del salario, a trasmettere alla ragioneria i mandati di pagamento per i giornalisti relativi al mese di novembre, operazione effettuata a metà dello scorso mese. Nella lettera, ora l’amministrazione scrive che le somme già percepite dai giornalisti saranno compensate nel rateo di tredicesima, che dunque per i cronisti sarà di importo inferiore. Il Comitato di redazione dell’ufficio stampa della Presidenza della Regione siciliana, ha formalmente diffidato, ai sensi dell’articolo 34 del Contratto nazionale di lavoro dei giornalisti, “in assenza di provvedimento relativo”, il dirigente generale del dipartimento regionale della Funzione pubblica Giovanni Bologna e il dirigente del servizio gestione economica dello stesso dipartimento, Maria Grazia Giuffrida “dall’attuare ogni iniziativa unilaterale tendente ad alterare lo status quo dei 21 giornalisti lavoratori dipendenti dell’ufficio stampa”. È quanto si legge in una nota del Cdr. La diffida dell’organismo sindacale segue la nota del 10 dicembre inviata ai 21 giornalisti nella quale si comunica che la quota dello stipendio di novembre relativa ai giorni dal 10 al 30, già erogata dalla Regione, sarebbe stata trattenuta nella 13/ma mensilità, e che questa sarebbe stata calcolata fino al 9 novembre scorso.
“I giornalisti – dice la nota – hanno invece regolarmente prestato servizio fino al 6 dicembre, come facilmente dimostrabile anche dallo stesso presidente Crocetta che ha rilasciato diverse interviste al Tgweb edito dall’ufficio stampa. Un’altra decisione, quindi, ancora in palese violazione di norme di legge che non ammettono la retroattività della ‘comunicazione di cessazione del rapporto di lavorò, che è datata 4 dicembre, e il contratto collettivo che all’art 28 prevede che ‘lo stipendio ed ogni altro assegno mensile fisso cessano con la fine del mese nel quale sia avvenuto il licenziamento”. “L’improvvisazione e l’ approssimazione dell’amministrazione Crocetta sono ormai una costante della nuova Sicilia voluta dall’ex sindaco di Gela” affermano le segreterie di Fnsi e Assostampa. “Andato a raccogliere applausi negli studi della tv pubblica per annunciare 21 licenziamenti, con l’aiuto benevolo del suo consulente per l’immagine – si legge in una nota congiunta – adesso Crocetta si supera. Non soltanto caccia i giornalisti ma, senza alcun senso del ridicolo, chiede indietro i soldi per un periodo in cui i giornalisti hanno regolarmente lavorato. Il sindacato dei giornalisti ha già diffidato il presidente e la sua amministrazione che, giorno dopo giorno, dimostrano non solo di non avere alcuna continenza burocratica ma di volere impunemente violare e fare carta straccia di leggi, contratto di lavoro, diritti e rispetto dei lavoratori”.
“A Crocetta, alla costante ricerca di nuove ribalte e di nuove simpatie mediatiche – aggiungono Fnsi e Assostampa – ricordiamo che l’appuntamento con la Federazione nazionale della stampa e con l’Associazione siciliana della stampa, che lui ha sempre rifiutato di incontrare disprezzando ogni più elementare regola di educazione sindacale, resta fissato davanti a un giudice della Repubblica. E lì – conclude la nota – non basterà fare annunci e raccogliere applausi concordati, ma occorrerà rispondere del rispetto delle leggi e della legittimità dei propri comportamenti. Ma forse Crocetta lo ignora”.