A mali estremi, estremi rimedi. Papa Wojtyla, proprio lui, il papa più amato dagli italiani “arruolato” per pubblicizzare la tassa più odiata dagli italiani. La Rai ha usato vecchie immagini di repertorio che mostrano Papa Wojtyla che scambia convenevoli con il Patriarca ortodosso e il Dalai Lama mentre la calda e rassicurante voce di sottofondo ci sussurra: «Un tributo a chi ha un unico credo e rispetta ogni credo».
La trovata pubblicitaria ha suscitato polemiche nel mondo politico.
«Usare le immagini di un papa amato come Giovanni Paolo II per sponsorizzare il canone Rai è una vera e propria strumentalizzazione, un’idea fuori luogo e contestabile per spingere gli italiani a pagare una tassa da essi detestata» ha dichiarato Antonio Borghesi, vicepresidente dei deputati dell’Idv. Fa eco Donato Mosella, di Alleanza per l’Italia, che ha affermato: «Se è vero quanto riportato da organi di informazione che tale spot sia stato realizzato da un’agenzia esterna, ci chiediamo chi abbia autorizzato tale iniziativa e quali siano stati i costi sostenuti dal servizio pubblico. Non solo è di dubbio gusto usare le immagini di un Papa beato, probabilmente prossimo alla santità e amato come è Giovanni Paolo II per sponsorizzare il pagamento del canone, ma in un momento di grande crisi economica che colpisce pesantemente anche le casse della televisione di Stato, ci si aspetterebbe un uso maggiore delle risorse interne all’azienda».
È intervenuto anche il Pd con Antonio Rusconi e Maria Pia Garavaglia che hanno sollecitato dei chiarimenti al governo: «Il Ministro dello Sviluppo Economico Passera riferisca sull’opportunità della scelta operata dalla Rai di utilizzare l’immagine del Beato Pontefice Giovanni Paolo II per sensibilizzare i cittadini al pagamento di un’imposta che, secondo le rivelazioni di alcuni istituti di ricerca, è ritenuta ingiusta rispetto al servizio reso».
La “benedizione” del Papa è solo una parte della campagna di pubblicizzazione del canone. Lo spot ci ricorda che il canone Rai è il più basso d’Europa (meno di un caffè al giorno), che i canali sono tanti e la programmazione è ampia a varia. Insomma la Rai, in una discutibile politica autoreferenziale, giustifica e “santifica” il suo sostentamento. Certo è che la Rai ha bisogno del canone per sopravvivere e l’evasione vale circa 500 milioni.